L’artista e la pittura di veduta, dal romanticismo al vero.
Dopo essersi aggiudicato il secondo premio nel Concorso Poletti del 1876, Achille Boschi si afferma ben oltre l’ambiente modenese.
Apprezzato in loco per l’acutezza della sua ritrattistica – a cui va aggiunto l’intenso Gaetano Moreali del 1890 (Modena. Società Operaia di Mutuo Soccorso) – si ritaglia uno spazio nel panorama mercantile grazie a scene “di genere” che incontrano un gusto diffuso, per le quali guarda ai modelli dei più famosi conterranei Gaetano Bellei e Vittorio Reggianini.
Ma soprattutto, Boschi trasporta il “genere” nell’antichità greco-romana, sull’onda del successo del celebre Giovanni Muzzioli; al punto che, per tali affinità tematiche, e nonostante il profondo divario stilistico e qualitativo, sue opere possano erroneamente confluire nel corpus dello stesso Muzzioli. Oltre a trarre copie da capolavori di quest’ultimo – ad esempio, l’Idillio del 1894 (1), visione di una Grecia evocata in chiave di puro lirismo – Boschi si dedicò a quel fortunato filone replicando alacremente soluzioni formali, idee compositive e soggetti desunti dal “maestro” (2).
E ancora sulle orme di Muzzioli poeta della vita in villa – come nella tela Nel parco (Bologna, Pinacoteca Nazionale) (3), dove l’incanto della natura è colto nel sentimento atmosferico della stagione e dell’ora – Achille Boschi si cimenta nella Villa con giardino della collezione Assicoop, che viene ora riconosciuta nella Villa Reggiani Gavioli, complesso di origine cinquecentesca con torre sormontata dal caratteristico campanile a vela, sulle rive del fiume Panaro fra Bomporto e Solara (4). In una luce morbida e stemperata, l’autore indugia nei dettagli con accurata analiticità, fissando finanche le crepe dei muri dilavati dal tempo, le due meridiane, le tende bianche alle finestre; e si sofferma sui cespugli, sui fiori che punteggiano le aiuole, sulle statue, sui solchi lasciati dalle ruote nella terra battuta. E così, anche in assenza di personaggi, proprio per la sua descrittività il dipinto possiede una marcata intonazione narrativa.
Databile verso la fine dell’Ottocento, questa veduta è argomentata con una sintassi che fa risaltare la monumentalità della residenza con le sue pertinenze, in un’apertura ad ampio raggio che sembra rifarsi a un modello fotografico coevo, quello fissato, ad esempio, dalle fotografie di Villa Levi a Montale di Castelnuovo Rangone, di anonimo, e di Villa Emma a Nonantola dello Studio Orlandini (Modena, Fotomuseo Giuseppe Panini), entrambe databili attorno al 1890 (5); un modello peraltro da non escludere neppure per una delle più felici rappresentazioni di una dimora di villeggiatura, la Villa dipinta nel 1866 dal bolognese Luigi Bertelli (Collezione privata) (6). Per Boschi il tema vedutistico, dalle connotazioni quasi esclusivamente locali, si esplica anche nei paesaggi urbani. Così i due péndant appartenenti alla Raccolta Assicoop, Porta Bologna e Porta San Francesco, che riproducono scorci di una Modena che andava scomparendo: la prima porta fu demolita nel giugno del 1882 e la seconda nel 1900, sostituite da altre strutture d’accesso di maggior imponenza o funzionalità.
La coppia di dipinti è trascrizione di due stampe fotografiche all’albumina dei noti Fratelli Bozzetti (Modena, Museo Civico d’Arte) (7), in un rapporto ancor recente, ma già chiaramente definito, tra medium fotografico e pittura, la quale utilizza il primo in modo strumentale, quale supporto iconografico, filtrando poi l’immagine attraverso concetti estetici di matrice accademica, non meno che dettati dalla richiesta del mercato collezionistico.
Dunque, Boschi rileva dai Fratelli Bozzetti l’inquadratura prospettica con fuoco centrale nel monumento, diffusa dal celebre Studio Alinari di Firenze (8), e d’altra parte radicata in una plurisecolare tradizione figurativa. Ma alla tersa essenzialità quasi atemporale dell’obiettivo fotografico – con esiti, si direbbe, a un passo dalla metafisica – l’artista sostituisce la ricerca di effetti pittoreschi: la partitura chiaroscurale consente la completa visibilità della scena e l’ombra non sottrae zone all’occhio dello spettatore, come nelle fotografie. Tagli di luce, anzi, rilevano ed enfatizzano elementi chiave quali il selciato della passeggiata sulle mura, la gradinata, il profilo dell’arco nell’antica muraglia, sopprimendo quelle presenze ritenute non confacenti come i lampioni; mentre personaggi volutamente “caratterizzati” – il vecchietto, la coppia borghese, la coppia del popolo – animano con la loro vicenda il palcoscenico urbano fra le quinte dei palazzi e il fondale degli alberi, disposti in calibrata sequenza contro cieli percorsi da nubi, secondo un’interpretazione che vira sulle piacevolezze illustrative del “genere” aneddotico.
Dunque, per un ambiente circoscritto e ancora saldamente accademico come quello modenese, proprio il rapporto dialogico che la pittura andava instaurando con la fotografia, ancor più stringente che con la stessa realtà, propiziava il superamento di quel vedutismo urbano reinterpretato da un romanticismo immaginoso, attraverso la lente deformante delle suggestioni scenografiche di cui in Modena era autorevole esponente Ferdinando Manzini, come nella Torre Ghirlandina della Raccolta Assicoop. In altri termini, sarà nell’interazione con una tecnica fotografica spesso d’alto livello che la pittura, anche vedutista, potrà rinvenire un percorso di rinnovamento nella direzione del “verismo”.
NOTE
(1) Si veda: G. Martinelli Braglia, Gli anni della formazione e la committenza modenese, in Giovanni Muzzioli (1854-1894). Il vero, la storia, la finzione, a cura di G. Martinelli Braglia, P. Nicholls, L. Rivi (Carpi, Palazzo Foresti), Torino 2009, pp. 15-24, in partic. pp. 23 e 24 n. 73.
(2) Soggetti antichizzanti di Boschi sono ad esempio documentati da fotografie d’epoca, con dedica dell’artista al notabile sassolese Alberto Giugni, nell’Archivio privato Giugni; su gentile segnalazione di Luca Silingardi.
(3) Si veda: G. Martinelli Braglia, Giovanni Muzzioli, in Catalogo Generale della Pinacoteca Nazionale di Bologna. Il Settecento e l’Ottocento, Venezia, in corso di stampa.
(4) Ringrazio Luca Silingardi per i suggerimenti determinanti per l’individuazione della villa raffigurata.
(5) Riprodotte in P. Battaglia, F. Francesconi (a cura di), Gli ebrei e la città. Fotografie dagli album di famiglia, catalogo della mostra (Raccolte Fotografiche Modenesi Giuseppe Panini), Modena 2002, p. 25.
(6) Tra le frequenti riproduzioni della Villa, si veda: Luigi Bertelli (1832-1916), catalogo della mostra (Bologna, Palazzo d’Accursio) Torino 2011, tav. 7.
(7) Ripr. in Un’idea di Modena. Testimonianze artistiche e fotografiche tra Otto e Novecento dalla Raccolta Assicoop e dal Fotomuseo Giuseppe Panini, catalogo della mostra a cura di L. Rivi e C. Dall’Olio (Modena, ex Ospedale Sant’Agostino), Carpi 2011, p. 49.
(8) Si veda: C. Dall’Olio, Modena e il suo territorio: rappresentazione fotografica e pittorica a confronto, ivi, pp. 27-32, in partic. pp. 29-30.
(Graziella Martinelli Braglia, 2013)