La visione del paesaggio tra l’Emilia e il Veneto.
Casimiro Jodi nasce a Modena e qui frequenta il Regio Istituto di Belle Arti; vincitore del Premio Magnanini e, nel 1908, del Premio Poletti, per il perfezionamento si trasferisce a Roma dove fa la conoscenza di Giulio Aristide Sartorio, spostandosi poi a Firenze nel 1912. Alle tematiche simboliste caratteristiche di Sartorio si rifà Leggenda d’amore, terzo saggio inviato dalla capitale per il Pensionato; ispirata dal gusto simbolista, e forse ascrivibile a una data limitrofa, sembra essere anche la tela Leda e il cigno (in questa Raccolta), dove la sinuosa figura femminile, risolta con pennellate impressioniste, rimanda nella posa alla Gorgone della celebre tela sartoriana. Fin da giovanissimo Jodi collabora inoltre con le principali testate umoristiche modenesi come caricaturista e vignettista. Oltre a una cospicua serie di personali, partecipa a numerose mostre collettive, sia di carattere locale che di respiro nazionale. Sarà presente a varie edizioni della Biennale di Venezia, in cui debutta a 23 anni, della Promotrice di Torino e della Quadriennale di Roma. Passa gran parte della sua vita lontano dalla città natale, dapprima a causa degli eventi bellici poi per svolgere l’attività di insegnante; muore a Rovigo il 26 agosto 1948. (1)
Di particolare importanza per la sua formazione artistica risulta il periodo trascorso nel veronese, dove presta servizio durante il primo conflitto mondiale: qui entra in contatto con il gruppo di artisti che orbita attorno alla figura di Felice Casorati. Nel 1918 partecipa alle tre mostre Pro Assistenza Civica a Palazzo Pompei, sede dei musei di Verona, e l’anno successivo all’Esposizione Cispadana di Belle Arti degli artisti soldati e congedati, presentando dipinti dedicati a temi di vita militare quali Au buffet de la gare, Militari francesi alla stazione ferroviaria Verona-Caprino e La baionetta, opera di impianto secessionista riecheggiante La via lattea di Castrati (2). Poco dopo espone, insieme al gruppo veronese, a Cà Pesaro: Marinelli rileva che “in questo brevissimo e attivissimo momento Jodi si ritrova una identità quasi veronese” e sottolinea che le opere presentate a Venezia in quell’occasione “fanno pensare ai temi degli interni di silenziosa poesia che si ritrovano in molti pittori al ritorno della guerra; la tecnica indicata è non a caso, come per gli altri pittori veronesi, pittura a tempera” (3).
All’inizio del 1920 viene organizzata una sua personale alla galleria La Vinciana di Milano in cui espone una serie di dipinti dedicati a Verona, a Piazza Erbe, al mercato e ai dintorni cittadini, e lo stesso anno, sempre tramite il gruppo veronese, prende parte all’Esposizione Nazionale di Torino. Un articolo di Casimiro Adami apparso sulla Gazzetta dell’Emilia in merito alla personale milanese definisce Jodi “il conoscitore di Verona”, elogia “il colorista poderoso, che in visione rapida e sicura fonde le figure coi colori, e le rende, quasi con atto improvviso, col predominio di questi” e rimarca “la maestria degli effetti di luce, vuoi di lampada, vuoi di sole, la delicata sinfonia di colori dominanti […] la potenza dell’impressione, che l’artista sembra avere avuto furia di fermare sulla tela” (4). Gabriella Guandalini nota che il soggiorno veronese dell’artista “segna senz’altro l’avvio di una fase felice, in cui a ricordi di modi “macchiaioli”, ad esperienze emiliane si sommano esperienze venete col risultato della espressione di una realtà più serena, in cui la presenza dell’uomo, colto nelle sue vicende quotidiane, di vita cittadina, nelle grandi piazze dei mercati, presso i monumenti insigni, vibra vitale per freschi tocchi cromatici, essenziali, ma più costruttivi” (5).
Una volta tornato a Modena, l’artista porta avanti questa indagine sul paesaggio risolto secondo un gusto postimpressionista: una personale promossa dalla Società d’Incoraggiamento nel 1922 riunisce settanta opere divise in tre sezioni, di cui la prima dedicata a fiori e giardini, la seconda ai paesaggi veronesi e la terza a quelli modenesi, in cui dominano vedute del Duomo e di Piazza Grande; la reiterazione di questi ultimi soggetti, colti in differenti momenti atmosferici e in diverse occasioni di vita cittadina, viene portata avanti anche negli anni successivi. Così come era accaduto a Verona, Jodi non rimane relegato all’interno dei confini della città, ma si sposta alla ricerca di luoghi più modesti, più appartati e meno noti. Tale predisposizione permane anche quando l’artista si allontana nuovamente da Modena e, a partire dal 1926, concepisce opere dedicate al territorio di Asola, senza abbandonare i soggetti dei dintorni modenesi, come nel caso de La svolta del Naviglio alla Bastiglia; è plausibile che appartenga alla stessa epoca o a una data di poco precedente anche l’olio Sul Naviglio (in questa Raccolta), realizzato attraverso rapidi tocchi di colore che restituiscono efficacemente i riflessi e l’atmosfera luminosa. L’interesse per l’interpretazione del paesaggio, sia esso quello urbano brulicante di vita, sia quello più pacato della provincia, ispirerà la produzione del pittore lungo l’arco di tutta la sua vita, accompagnandolo nei suoi numerosi spostamenti.
NOTE
(1) Per la figura di Jodi, D. Arich (a cura di), Casimiro Jodi. Dipinti e disegni nelle Raccolte del Museo Civico, Modena 1997; E. Bellesia (scheda) in F. Piccinini, L. Rivi (a cura di), Arte Modenese tra Otto e Novecento. La raccolta Assicoop Modena Unipol Assicurazioni, Modena 2008, pp. 134-138.
(2) D. Arich de Finetti, Gli anni modenesi di Pio Semeghini e il periodo veronese di Casimiro Jodi, in J. Bettini, S. Marinelli, A. Mazza (a cura di), La pittura veneta negli stati estensi, Verona 1996, pp. 447-464.
(3) S. Marinelli (scheda), in C. Alessandri, G. Romanelli, F. Scotton (a cura di) Venezia. Gli anni di Cà Pesaro. 1908-1920, catalogo della mostra, Milano 1987, pp. 140-141.
(4) C. Adami, Una mostra personale alla “Vinciana” di Casimiro Jodi, in “Gazzetta dell’Emilia”, 26-27 gennaio 1920.
(5) G. Guandalini (a cura di), Dipinti e disegni di Casimiro Jodi al Museo Civico, Modena 1978.
(Francesca Fontana, 2013)