MAGNAVACCA UBALDO

L’artista e il “neoromanticismo”.

Esaminando i testi che descrivono l’opera di Ubaldo Magnavacca (1) accade frequentemente di imbattersi nell’aggettivo “romantico”: Domenico Melli, in un commento a una mostra personale, evidenzia come l’artista non di rado venga accostato a Turner e rileva una sensibilità, comune ai due, “in quella zona del fantasioso-selvatico cui già la «sensiblerie» settecentesca aveva applicato il nome di romantico”; ricorda poi il “senso di «emozione-urto», che fu proprio di molti preromantici, e che si trascrive nella tensione che spezza sotto i colpi della spatola gli elementi compositivi” dei suoi quadri, evidenziando come la denominazione di “neoromantico”, al centro di molte polemiche, ben si presti a definire il temperamento dell’artista. Rimprovera però a Magnavacca di non essersi sempre lasciato guidare dal proprio istinto e dalla propria vocazione, costringendosi all’interno di schemi troppo rigidi che gli hanno impedito di esplicitare fino in fondo le proprie emozioni (2). Francesco Bocchi, qualche anno prima, si era soffermato a descriverne in particolare la potenza coloristica, le tonalità calde dell’oro e dell’ocra, le lucentezze metalliche: le opere di Magnavacca raffigurano una natura pulsante, illustrano i momenti che precedono o seguono una tempesta, i crepuscoli e le albe. “Metafisicamente la sua pittura si potrebbe definire una ricerca di luce”, iscritta nel solco di quell’arte moderna “che si diparte dal grande filone romantico”: è un’arte viva, in movimento, che tenta di restituire la suggestione dell’insieme più che indugiare sui dettagli, e “fa pensare a Fontanesi e Corot” (3). Anche Dario Zanasi pone l’accento sulle radici ottocentesche di Magnavacca, sottolineando altresì “l’enfasi scenografica” del pittore (4); è invece Dario Bonardi, autore del manifesto neoromantico, a suggerire come il linguaggio dell’artista sia sì legato alla tradizione, “ma al tempo stesso fuori di essa […]. È un’arte che nasce da evidenti esigenze spirituali” (5).
Alla luce di queste letture non sorprende, pertanto, che un articolo della “Gazzetta di Modena” del dicembre 1947 annoveri Magnavacca tra quella ventina di artisti iscritti al Gruppo Neoromantico modenese che prende parte alla relativa mostra allestita presso la Casa dello Studente (6). Nel luglio 1946 il giornale “L’Araldo dell’Arte” aveva divulgato il manifesto del Nuovo Romanticismo di Bonardi, suscitando un interesse che aveva infatti coinvolto anche la provincia modenese: appena dopo la sua comparsa era stato discusso dal Sindacato Belle Arti di Modena (7) ed aveva portato, nei primi mesi dell’anno successivo, alla costituzione di quel gruppo che ne condivideva i principi. Il dibattito su tale movimento si fa acceso nel corso del 1947, come dimostra lo spazio ad esso dedicato sulle pagine della “Gazzetta”: il Nuovo Romanticismo esalta “quella libera attività dello spirito che trova la sua sede privilegiata nel cuore e nell’animo dell’uomo e si vale della leva del sentimento” (8) e “si propone di portare l’arte fuori dal groviglio di istrioni e di bluffisti ove purtroppo oggi è caduta”, per ricondurla “nell’alveo della tradizione italiana” (9). Attraverso svariate colonne del quotidiano modenese viene quindi deprecata l’arte moderna, nella quale spesso “vi è più moda che estro, più meccanicismo che sentimento”: essa “è filosofia, ma la filosofia essendo ripiegamento del pensiero in se stesso e non intuizione ed espressione, nega l’arte” (10). D’altra parte, un lungo articolo di Cesare Zavoli evidenzia come il rifarsi alla scuola romantica altro non sia se non una dimostrazione dello smarrimento della generazione del dopoguerra: sembra infatti che l’idea di fondare una nuova corrente artistica “nello spirito del romanticismo, sia più pervasa di intenzioni etiche o di sentimento storico, che mossa da una concreta valutazione della sostanza e del moto artistico puro, senza aggettivi, il quale lascia ai critici e alla storia di definire le correnti e le mode”. Il giornalista non crede “neppure che ciò che è passato possa tornare. Gli stati spirituali non si ripetono, si svolgono” e gli aspetti romantici delle manifestazioni artistiche di quel periodo non appaiono “sostanziali, di ispirazione”, ma semplice conseguenza degli anni tragici e dolorosi del conflitto bellico che “ha sepolto sotto le sue macerie, teorie romantiche”. Zavoli esamina poi come il Romanticismo, che artisticamente e filosoficamente può essere considerato una disposizione all’affermazione dell’“io”, abbia sì ispirato gli atti gloriosi del Risorgimento, ma anche le aberrazioni del superomismo fatto proprio dalla Germania nazista (11).
Un articolo dell’aprile 1948 informa infine che il gruppo Neoromantico modenese ha mutato la propria denominazione in quella di “Il Cenacolo”, il cui statuto rende noto lo scopo di “ricondurre l’arte […] ai sentimenti dell’umanità, nel quadro della tradizione”, opponendosi “a quelle forme di ermetismo e cerebralismo artistico che rappresentano una deviazione dell’arte vera e pura” (12).
L’adesione di Magnavacca ai principi del Nuovo Romanticismo appare quindi coerente con la sua predilezione per il paesaggio e per le forze naturali resi attraverso quei particolari effetti coloristici e luministici derivatigli dal napoletano Salvatore Postiglione, suo insegnante all’Istituto d’Arte, che era stato a sua volta allievo di Domenico Morelli. Avvalendosi della spatola per raggiungere l’immediatezza espressiva e sostanziare il colore sul supporto, l’artista avvia un percorso di trasfigurazione della realtà, ma mai perderà di vista i riferimenti della tradizione e gli insegnamenti canonici.

NOTE
(1) Per la figura di Magnavacca si veda L. Rivi, Ubaldo Magnavacca (Modena 1885-Lerici 1957). Dipinti, sculture, grafica, Carpi 2002; E. Bellesia (scheda) in F. Piccinini, L. Rivi (acura di), Arte Modenese tra Otto e Novecento. La raccolta Assicoop Modena Unipol Assicurazioni, Modena 2008, pp. 129-133.
(2) D. Melli, Alla Saletta. Personale di Ubaldo Magnavacca, in “La Gazzetta di Modena”, 25 aprile 1949.
(3) F. Bocchi, Artisti modenesi. Una visita allo studio di Ubaldo Magnavacca, in “Gazzetta dell’Emilia”, 15 dicembre 1941.
(4) D. Zanasi, Visita allo studio del pittore Magnavacca, in “Gazzetta dell’Emilia”, 11 marzo 1942.
(5) D. Bonardi, Ubaldo Magnavacca alla Saletta, Modena 1949.
(6) Inaugurazione della mostra del Gruppo Neoromantico modenese, in “L’Unità Democratica”, 31 dicembre 1947.
(7) Il Sindacato di Belle Arti discuterà il manifesto del “Nuovo romanticismo”, in “L’Unità Democratica”, 15 luglio 1946.
(8) D. Bonardi, Manifesto del Nuovo Romanticismo, L’Araldo dell’Arte, Milano 1947 (estratto da “L’Araldo dell’Arte” del 15 luglio 1946).
(9) Le arti. Si è costituito il movimento neoromantico, in “L’Unità Democratica”, 30 aprile 1947.
(10) La conferenza sul movimento neoromantico, in “L’Unità Democratica”, 12 maggio 1947.
(11) C. Zavoli, Nuovo Romanticismo, in “L’Unità Democratica”, 19 maggio 1947.
(12) Nasce “Il Cenacolo” del Gruppo neoromantico, in “La Gazzetta di Modena”, 1 aprile 1948.

(Francesca Fontana, 2013)