Un pittore tra modelli storici e dato reale.
Le recenti acquisizioni della collezione Assicoop gettano nuova luce su alcuni aspetti della produzione di Adeodato Malatesta, rispetto sia ai filoni tematici sia agli indirizzi di stile, ispirati a un vastissimo repertorio formale (1).
Com’è noto, infatti, è propria dell’artista una sapienza stilistica che raduna una rete di modelli da epoche e scuole le più varie, in un ideale “museo” ben più esteso e composito di quello della tradizione accademica, da cui attingere in funzione dei temi, dei generi, delle destinazioni; e questo mai in un mero atteggiamento eclettico, bensì in una visione compendiaria di armonica coerenza, che costantemente rapporta il filtro idealizzante alla percezione del vero, lo storicismo romantico a un continuo aggiornamento a raggio europeo. Prova dell’artista poco più che ventenne è Il folle (2) della collezione Assicoop, “testa di carattere” datata al 1828, tratta dal vero (3) ma non esente da rigidezze ancora neoclassiche.
La marcata espressività del volto, fissato fra la sorpresa e l’orrore, la qualifica come studio di mimica facciale e la ambienta in quel clima di pathos letterario in cui l’autore si cala negli anni del perfezionamento, dal 1826 al 1830, presso l’Accademia di Firenze, docenti Pietro Benvenuti e Giuseppe Bezzuoli. È un romanticismo “eroico” che enfatizza passioni e moti dell’animo, del quale è episodio eloquente l’Aiace d’Oileo di Francesco Sabatelli, del 1828 (Firenze, Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti), ben noto a Malatesta che ne riprende l’idea compositiva in un giovanile Studio di nudo (Modena, Museo Civico) (4). Questo delle “teste di carattere” era capitolo fondamentale per costruire un repertorio di tipi fisionomici e calibrarne la gamma e l’intensità espressiva, in vista di più complessi testi figurativi; ma anche per sperimentare nuove tecniche e soluzioni chiaroscurali, come nell’Uomo che soffia su un tizzone (Modena, Museo Civico), ove il giovane Malatesta si cimenta in effetti di luce notturna, sulla scia di un caravaggista fiammingo come Gerrit van Honthorst (5). Altro filone propedeutico è quello degli studi di nudo – le cosiddette “accademie”– “a matita e anche dipinti” (6), in cui è riconosciuta a Malatesta una perizia peculiare, conquistata mediante l’esercizio dal vero filtrato attraverso gli archetipi della statuaria antica, in una pratica sollecitata da Benvenuti durante il perfezionamento fiorentino (7). Ma tale filtro viene come assorbito nel confronto coinvolto e appassionato che Malatesta instaura col dato reale; tanto che le sue “accademie”, pur misurate su quei canoni ideali, emanino vitalità, carattere, emozioni.
Seguendo la consuetudine scolastica, l’artista traspone gli studi di nudo entro temi ispirati all’antichità e alla mitologia classica, nobilitandoli con un’ambientazione storico-letteraria. Così il saggio del pensionato fiorentino per l’anno 1828 Filottete nell’isola di Lemno (Modena, Galleria Estense; deposito presso il Palazzo Comunale), interpretato senza enfatizzanti forzature, se non nell’espressione del viso che richiama quella del Laocoonte, e il perduto Prometeo del 1834, che comprovava i progressi nel perfezionamento all’Accademia di Venezia, dal 1833 al 1837, sotto la guida di Odorico Politi.
Appartiene a questo filone anche l’incompiuto Narciso della collezione Assicoop, che del Filottete conserva in parte l’atteggiarsi; ma, diversamente, sono ormai la luce e il colore a giocare un ruolo prioritario, e non più il procedimento disegnativo e chiaroscurale: i passaggi cromatici restituiscono la plasticità dell’anatomia, con una morbidezza di stesura che sembra derivare dagli studi veneziani sulla pittura tonale. Nella ricerca sperimentale di modelli di stile propria del catalogo malatestiano, una corrente neoseicentesca affiora sin dalle prime importanti commissioni del San Francesco che riceve le stigmate per l’omonima parrocchia modenese, del 1830, e del Miracolo di San Mauro per la chiesa di San Sebastiano a Correggio, del 1835. E anche il San Giovannino della collezione Assicoop, appartenuto alla contessa Elena Galvani nata Gamorra, datato al 1838, mostra echi dalla pittura del Seicento, tanto da richiamare l’influsso di Murillo (8) – dal Gesù Bambino Buon Pastore del Prado? –, maestro consueto a Malatesta che trasse copia da almeno una sua opera (9). Ammirato da Adolfo Venturi per la “morbidezza singolare” dell’incarnato (10), il San Giovannino, che ritrarrebbe il figlio dell’artista Narciso (11), futuro pittore, siede su un candido panno dai riflessi serici, con esiti di suggestione tattile che rimandano al sensuoso cromatismo veneto degli Schiavoni; mentre la veduta paesaggistica, che trascolora nei toni argentati dell’alba, sembra declinare il paesaggio arcadico seicentesco, per quinte arboree, nel modulo del ritratto naturalistico di gusto anglosassone, alla Reynolds, adottato da autori come Bezzuoli e Teodoro Matteini.
Verso la fine del quarto decennio, nella poetica malatestiana si accentua l’influenza “purista” che induce alla riflessione sull’arte dei cosiddetti “primitivi”, ricercando una semplicità e una politezza formale inedite. È un nuovo orientamento estetico, oltre che ideologico, che incide sul collezionismo austro-estense, con l’ingresso nella Galleria ducale di opere tre-quattrocentesche. Ma per Malatesta valgono soprattutto le esperienze di Ingres di questi anni, rivolte al giovane Raffaello e ai suoi antecedenti, e l’idealizzazione dei Nazareni e di Friedrich Overbeck, conosciuti durante gli studi romani, scalati fra il 1830 e il ’31 e quindi dalla fine del 1837 al ’39.
Un dibattito che l’artista seguirà anche da Modena, dove dal 1839 dirigerà l’Accademia Atestina di Belle Arti, grazie a una fitta corrispondenza con gli amici residenti a Roma. Esemplare del suo “purismo” neoquattrocentista è la Madonna col Bambino e i Santi Alfonso de’ Liguori e Luigi Gonzaga, che esegue nel 1841 per le Domenicane di Modena, prima prestigiosa commissione dal rientro da Roma (12). Vi si correla strettamente la Madonna col Bambino – San Giuseppe è seminascosto in penombra – acquisita da Assicoop: in entrambe le opere, la Vergine ha volto, postura e abbigliamento ispirati ai prototipi raffaelleschi, in una scelta lessicale che avrà il suo “manifesto” nello Sposalizio della Vergine per San Giuseppe dei Cappuccini a Bologna, del 1845 (13). L’evoluzione “purista” malatestiana toccherà l’acme dei suoi valori innovativi nel celebre Tobiolo che ridona la vista al padre del 1843 (Modena, Palazzo Comunale), dove la distillazione formale si coniuga in modo tutto individuale alla sensitiva percezione del vero (14).
Se la pala delle Domenicane era forse troppo vincolata alla rigorosa “citazione” del Quattrocento – questa la critica di Pietro Selvatico, arbitro del gusto del tempo, che la vide esposta a Brera nel 1844 –, la Madonna col Bambino è invece argomentata con ben altra scioltezza, pervasa da un afflato sentimentale in linea con la “poetica degli affetti” cara al romanticismo, che trova risonanze nell’incantato scorcio di paesaggio. L’artista, dunque, individua il punto d’incontro fra l’idealità spirituale del “purismo”, quella di Tommaso Minardi e dei Nazareni, e una tensione umanistica percettiva di emozioni e sentimenti; matura, cioè, un’adesione al Quattrocento non più imitativa ma interpretativa, anche mediante la qualità lirica della luce che suscita un cromatismo cangiante: un nuovo rapporto dialogico fra luce e colore, che nel Tobiolo è il riflesso dorato del tramonto; qui, una bianca luminosità mattinale pregna di significati simbolici.
NOTE
(1) A complemento delle indicazioni bibliografiche riguardanti Malatesta presenti nel primo volume del catalogo di questa Raccolta si segnalano alcuni aggiornamenti: F. Silvestro, Luigi Poletti e Adeodato Malatesta. Artisti reggiani e modenesi del ducato estense a Roma nella prima metà dell’Ottocento, in “Bollettino Storico Reggiano”, 133 (2007), pp. 212-138; Il Museo del Risorgimento di Modena, a cura di L. Lorenzini e F. Piccinini, Modena 2011; G. Martinelli Braglia, L’immagine del potere. Iconografia dei duchi austro-estensi, in Pio IX. Religione e politica al vaglio della modernità, a cura di D. Menozzi e M. Al Kalak, Modena 2011, pp. 89-119; G. Martinelli Braglia, L’Assunta e la famiglia dei conti Bentivogliodi Adeodato Malatesta, pala d’altare e “scena di conversazione”, in Pagine del Risorgimento nelle terre estensi, “Quaderni del Ducato”, n. 3, Modena 2013, pp. 31-41; L. Silingardi, IlRitratto di Abram Rimini col ritratto di Ciro Menotti sul fondo, di Adeodato Malatesta, in Pagine del Risorgimento nelle terre estensi, “Quaderni del Ducato”, n. 3, Modena 2013, pp. 43-50.
(2) Titolo, forse improprio, dato dall’antico proprietario, il collezionista modenese Ermete Monti.
(3) Così dalla scritta sul retro.
(4) Ripr. in Modelli d’arte e di devozione. Adeodato Malatesta (1806-1891), catalogo della mostra (Modena-Reggio Emilia), Milano 1998,p. 111.
(5) Si veda C. Sisi, ivi, pp. 98-100 e 105-107.
(6) F. Asioli, Adeodato Malatesta, Modena 1905, p. 24.
(7) Per il tirocinio fiorentino si veda C. Hugues, Commemorazione del socio attuale Comm. Adeodato Malatesta, Modena 1893, pp. 5-6.
(8) Così Asioli, cit., p. 38, che riporta il parere del critico Chiaffredo Hugues.
(9) Ivi, p. 475; Giovanni Canevazzi, nell’Elenco delle opere malatestianein appendice ad Asioli, cit., richiama una Madonna, copia da Murillo, di proprietà di Raimondo Muzzioli.
(10) A. Venturi, in “Il Resto del Carlino” edizione di Bologna, 25 dicembre 1891.
(11) Così Asioli, cit., pp. 36-37.
(12) Si veda: C. Poppi, in Modelli, cit., pp. 134-135.
(13) Si veda: G. Martinelli Braglia, La pittura dell’Ottocento in Emilia Romagna, in La pittura in Italia. L’Ottocento, a cura di E. Castelnuovo, vol. I, Milano 1990, pp. 245-287, in partic. pp. 259-263,
(14) G. Martinelli Braglia, in Modelli, cit., pp. 138-141; L. Silingardi, Architettura e decorazione di villa nel Modenese: dal Neoclassicismo di Giuseppe Maria Soli alla cultura della tarda Restaurazione di Cesare Costa, in “Atti e Memorie”, Deputazione di Storia Patria per le antiche province modenesi, s. XI, vol. XXVIII, 2006, pp. 253-304.
(Graziella Martinelli Braglia, 2013)
A complemento delle indicazioni bibliografiche riguardanti Malatesta presenti nel primo volume del catalogo di questa Raccolta si segnalano alcuni aggiornamenti: F. Silvestro, Luigi Poletti e Adeodato Malatesta. Artisti reggiani e modenesi del ducato estense a Roma nella prima metà dell’Ottocento, in “Bollettino Storico Reggiano”, 133 (2007), pp. 212-238; Il Museo del Risorgimento di Modena, a cura di L. Lorenzini e F. Piccinini, Modena 2011; G. Martinelli Braglia, L’immagine del potere. Iconografia dei duchi austroestensi, in Pio IX. Religione e politica al vaglio della modernità, a cura di D. Menozzi e M. Al Kalak, Modena 2011, pp. 89-119; G. Martinelli Braglia, L’Assunta e la famiglia dei conti Bentivoglio di Adeodato Malatesta, pala d’altare e “scena di conversazione”, in Pagine del Risorgimento nelle terre estensi, “Quaderni del Ducato”, n. 3, Modena 2013, pp. 31-41; L. Silingardi, Il Ritratto di Abram Rimini col ritratto di Ciro Menotti sul fondo, di Adeodato Malatesta, in Pagine del Risorgimento nelle terre estensi, “Quaderni del Ducato”, n. 3, Modena 2013, pp. 43-50. 2 Titolo, forse improprio, dato dall’antico proprietario, il collezionista modenese Ermete Monti. 3 Così dalla scritta sul retro. 4 Ripr. in Modelli d’arte e di devozione. Adeodato Malatesta (1806-1891), catalogo della mostra (Modena-Reggio Emilia), Milano 1998, p. 111. 5 Si veda C. Sisi, ivi, pp. 98-100 e 105-107. 6 F. Asioli, Adeodato Malatesta, Modena 1905, p. 24. 7 Per il tirocinio fiorentino si veda C. Hugues, Commemorazione del socio attuale Comm. Adeodato Malatesta, Modena 1893, pp. 5-6. 8 Così Asioli, cit., p. 38, che riporta il parere del critico Chiaffredo Hugues. 9 Ivi, p. 475; Giovanni Canevazzi, nell’Elenco delle opere malatestiane in appendice ad Asioli, cit., richiama una Madonna, copia da Murillo, di proprietà di Raimondo Muzzioli. 10 A. Venturi, in “Il Resto del Carlino” edizione di Bologna, 25 dicembre 1891. 11 Così Asioli cit., pp. 36-37. 12 Si veda: C. Poppi, in Modelli, cit., pp. 134-135. 13 Si veda: G. Martinelli Braglia, La pittura dell’Ottocento in Emilia Romagna, in La pittura in Italia. L’Ottocento, a cura di E. Castelnuovo, vol. I, Milano 1990, pp. 245-287, in partic. pp. 259-263, 14 G. Martinelli Braglia, in Modelli, cit., pp. 138-141; L. Silingardi, Architettura e decorazione di villa nel Modenese: dal Neoclassicismo di Giuseppe Maria Soli alla cultura della tarda.