La scuola di Burano.
Leo Masinelli nasce a Modena l’11 dicembre 1902 e qui frequenta il Regio Istituto di Belle Arti; prosegue poi gli studi all’Accademia di Belle Arti di Bologna. Nel 1925 vince il concorso per il Pensionato Poletti e si sposta quindi a Roma per il perfezionamento. In seguito si trasferisce per un periodo a Milano, dove il clima novecentista lo influenza nella realizzazione di alcune opere improntate su valori plastici e atmosfere sospese: ne sono esempio La pattuglia, con la quale partecipa alla Biennale veneziana del 1942 e I due pittori (in questa Raccolta). Subito dopo entra però in contatto con l’ambiente della Scuola di Burano, attorno a cui gravitano già altri artisti modenesi, e a partire dal 1945 si trasferisce stabilmente a Venezia, pur non interrompendo mai i contatti con la città natale, in cui continua anche l’attività espositiva con mostre personali e collettive (1).
Nell’iter artistico del pittore risulta fondamentale la frequentazione della cerchia buranese – insieme a pittori quali Pio Semeghini e Mario Vellani Marchi – come ricorda la testimonianza di Carlo Dalla Zorza: “Burano, la casa ospitale e serena della signora Moggioli, la tavola conviviale di Romano trattore ed amico, quattro o cinque pittori-matti-per-la-pittura e un paesaggio intorno stupendo, unico, di acque di cielo e di irreali case e di vigne. Masinelli era del gruppo e la sua migliore formazione di paesaggista è proprio di quegli anni […] Da Burano ebbe la lezione più genuina e veritiera. L’amore per Burano dura tutta la vita” (2). Questi pittori sono accomunati da una particolare sensibilità per gli effetti luministici e atmosferici, dalla sperimentazione di una pittura non accademica, svincolata dalle mode imperanti, discreta, che viene loro ispirata dalla pacatezza silenziosa dell’isola, dai suoi colori, dal trascorrere lento delle giornate in un luogo appartato e immune da contaminazioni turistiche. Zanasi, in un articolo del 1943 dedicato a una mostra del pittore alla Sala d’Arte del G.U.F., nota che la “pittura di Leo Masinelli s’è raddolcita nei toni salmastri lagunari” (3) e il testo in catalogo della personale del 1948 alla Saletta sottolinea che “l’ariosa limpidità del paesaggio veneziano e la frequenza con i pittori del gruppo buranese gli hanno alleggerito la mano e schiarito la tavolozza, inducendolo ad una maggiore facilità di espressione e all’abbandono delle terre bruciate.
I suoi colori sono penetrati di luce, di riflessi d’acqua, di lontananza” (4). Nel 1946, l’artista risulta vincitore del premio Santa Lucia al concorso nazionale del Paesaggio Lagunare a Burano. Soggetti prediletti in questi anni sono gli scorci dei canali e i ritratti degli abitanti dell’isola, ma anche le nature morte e le composizioni di fiori, cui si dedica durante tutta la sua carriera (si veda il Vaso di fiori in questa Raccolta, datato 1934), risolti però adesso in una gamma più luminosa, in un linguaggio più sciolto. Anche quando si concentra sulle vedute veneziane, l’artista continua a prediligere i luoghi più intimi e meno frequentati. Bergonzoni, nella presentazione del catalogo della mostra alla Saletta del 1957, scrive di Masinelli che egli “non è un pittore-turista, venuto alla mecca del colorismo con la scatola sotto il braccio per l’omaggio di rito”, ma un artista “che tra gli innumerevoli cangiamenti di una città sensibile al volgere della stagione e dell’ora è andato sceverando queste immagini, colte in una luce fresca e familiare, in una visione di Venezia che vuol rendere naturale e, direi, quotidiano ciò che ad altri suscita, poniamo, fantasmagorici rapimenti. Qui invece una continuità di luci tranquille accomuna coi volti della città gli scorci d’altri luoghi meno battuti” (5). Enrichetta Cecchi, in un articolo pubblicato in occasione della medesima esposizione, mette in evidenza la vena naturalistica di Masinelli e l’iterazione di determinati soggetti colti in differenti condizioni atmosferiche e in diverse ore del giorno o stagioni dell’anno, sottolineando implicitamente un tentativo di raggiungere l’istantaneità tipica della poetica impressionista (6). I dipinti dedicati a Venezia vengono descritti anche in un articolo di Ferruccio Veronesi dedicato alla mostra postuma del 1993 al Centro d’arte e cultura Torre Strozzi: essi “offrono scorci di una città che non rientra negli itinerari turistici abituali: luoghi inediti della città più bella del mondo immersi in una luce che è inconfondibilmente sua. Ecco: Masinelli è il pittore della luce, erede della grande lezione impressionista” (7).
NOTE
(1) Recentemente, per la figura di Masinelli, G. Virelli (scheda) in F. Piccinini, L. Rivi (a cura di), Arte a Modena tra Otto e Novecento. La raccolta Assicoop Modena Unipol Assicurazioni, Modena 2008, pp. 170-172.
(2) C. Dalla Zorza, Leo Masinelli, Modena 1960.
(3) D. Zanasi, Chiara pittura di Leo Masinelli, in “Gazzetta dell’Emilia”, 1 marzo 1943.
(4) Mostra personale di Leo Masinelli, catalogo della mostra, Modena 1948.
(5) S. Bergonzoni, Vedute veneziane di Leo Masinelli, Modena 1957.
(6) E. Cecchi, “Vedute veneziane” in una personale di Masinelli, in “Gazzetta dell’Emilia”, 11 febbraio 1957.
(7) F. Veronesi, Così Masinelli scoprì la luce, in “Il Resto del Carlino”, 15 ottobre 1993.
(Francesca Fontana,2013)