MENTESSI GIUSEPPE

Disegni di Giuseppe Mentessi dalla Raccolta Assicoop Modena&Ferrara

(il presente testo è stato pubblicato nel catalogo della mostra Giuseppe Mentessi (1857-1931). Artista di sentimento, a cura di M. Toffanello, Gallerie Estensi. Ferrara, Pinacoteca Nazionale, 2018, pp. 50-51)

L’attività grafica è un aspetto essenziale dell’opera di Giuseppe Mentessi. Docente di Disegno architettonico e Geometria elementare all’Accademia fin dal 1880, poi di Prospettiva e Paesaggio, infine di Scenografia dal 1907, il ferrarese ha sempre fondato la sua attività di insegnante e di artista sullo studio dal vero e sull’esatta costruzione prospettica dello spazio. Come si è visto, i dipinti di soggetto sociale, e perfino le giovanili fantasie architettoniche, partivano infatti da una fedele rappresentazione grafica della realtà per giungere a una più libera e immaginativa esecuzione pittorica.
Dal 1909 Mentessi torna a dedicarsi prevalentemente al paesaggio e alla veduta con un approccio strettamente naturalistico di cui è prova un’attività grafica senza posa. Nascono così le ultime opere felici dell’artista: la serie delle tavolette dedicate alla villa Pliniana e all’abbazia dell’Acquafredda presso Torno sul lago di Como (1909–12), gli scorci di Assisi e dintorni (1918), le impressioni romane (1921–24 e 1929–30), precedute tutte da finitissimi studi a matita. Alcuni di questi disegni vengono esposti con successo e raccolti in monumentali volumi editi dall’Istituto Italiano di Arti Grafiche di Bergamo, accompagnati da testi di  Luca Beltrami (Roma, 1925) ed Ettore Janni (Le vie del Santo, 1927).
I disegni appartenenti alle collezioni di Assicoop Modena&Ferrara qui presentati, costituiti quasi esclusivamente da studi e abbozzi tracciati su pagine di taccuino e fogli di fortuna, mostrano un aspetto più nascosto del lavoro dell’artista. Fra essi si distinguono invece per il loro alto grado di finitezza i fogli raffiguranti l’Abbazia dell’Acquafredda (cat. 54) e il Ritratto della madre (cat. 36), pronto per essere trasferito su tavola col tradizionale sistema della quadrettatura.
Gli schizzi più rapidi colpiscono per la capacità dell’artista di fissare una prima idea in pochi tratti essenziali. Così è ad esempio per il bel Busto d’uomo con le mani al volto (cat. 37), raffigurato in un atteggiamento di disperazione che ricorre nell’opera di Mentessi, da Ora triste a Visione triste, così come richiama lo sfondo di Panem Nostrum Quotidianum il paesaggio suggerito solo dalla piatta linea dell’orizzonte che si increspa appena per indicare il campanile di un lontano paese. La scritta a matita «giorni che non sono più» trascrive un verso di una composizione del poeta inglese Alfred Tennyson, tradotta da Gabriele D’annunzio nel Trionfo della morte del 1894, aggiungendo così una suggestione letteraria all’immagine. In altri schizzi Mentessi abbozza con immediatezza le linee generali o studia particolari che offriranno spunti a più ampi e dettagliati disegni, come nel caso delle vedute di Assisi (cat. 55, 56) o degli scorci raffiguranti carrettieri davanti al Colosseo, il clivo dell’Asilo o il portico del Pantheon (cat. 52, 57, 59), che l’artista completa nelle grandi illustrazioni del libro su Roma (rispettivamente le tavv. LIII, XCVII, XLVII).
Della raccolta fanno inoltre parte studi accademici ridotti alle dimensioni di un biglietto da visita (cat. 48, 49); piccole teste di carattere (cat. 44–47); minuscole copie di opere d’arte, ammirevoli per la capacità di condensazione dell’immagine (cat. 43); abbozzi per le illustrazioni patriottiche realizzate durante la Grande Guerra (cat. 38–40); dinamici schizzi progettuali per dipinti (cat. 50, 51); istantanee «impressioni dal vero», come quella raffigurante due donne, in cui a interessare Mentessi è la «gran macchia nera» della figura di spalle (53).
Il gruppo più cospicuo è però quello degli studi di paesaggio (cat. 60–72), in particolare del lago di Como, in cui l’interesse di Mentessi per i panorami lariani e le forme naturali, in particolare gli alberi, trova un parallelo nelle fotografie scattate in quegli stessi anni dall’amico Emilio Sommariva. I disegni di Mentessi sembrano voler eguagliare l’oggettività della riproduzione meccanica nella precisione del dettaglio per superarla nella varietà dei contrasti chiaroscurali e nella ricerca di scorci insoliti.
Infine, la serie di fogli di taccuino certamente databili dopo il 1924 (cat. 73–96), non più grandi di un moderno post-it, fitti di annotazioni riguardanti l’ora e la luce, i colori e le proporzioni prospettiche in vista di una loro trasposizione in pittura, dimostrano ancora l’acutezza d’occhio e la fermezza di mano dell’anziano maestro e forniscono l’estrema testimonianza di una felice attività artistica, quotidianamente praticata per puro diletto fin negli ultimi giorni di vita.

Riferimenti bibliografici: Majno 1932; Giuseppe Mentessi 1972; R. Mangilli in Roma 1999; Toffanello, Il vero 1999.

Marcello Toffanello (2019)