SIMONAZZI ANTONIO

L’accademia e l’attività didattica.

La figura di Antonio Simonazzi, oltre che per la produzione pittorica, è da considerare per la significativa attività didattica svolta nel corso del secondo Ottocento.
Tra il 1860 e il 1877 l’Accademia modenese di Belle Arti vive un momento di grande sforzo di aggiornamento sul piano didattico e culturale. Grazie alla efficace e fervida influenza del direttore Malatesta, che nel 1860 Luigi Carlo Farini aveva elevato all’incarico di Presidente del Consorzio delle Accademie emiliane di Parma Modena e Bologna, l’istituzione artistica modenese era laboratorio di pensiero sulle teorie artistiche e sulla disciplina accademica che ne conseguiva. Il pensiero di Malatesta sulla disciplina accademica ebbe così effetti importanti non soltanto nel piccolo ambiente modenese ma insieme nell’ordinamento dell’istruzione artistica post-unitaria, essendo Malatesta negli anni sessanta tra le personalità più spesso consultate dal Ministero dell’Istruzione in occasione di delibere su argomenti connessi all’istruzione artistica. Come è stato mostrato da Daniela Ferriani (1) e Daniela Grana (2), l’ordinamento delle discipline e la suddivisione degli insegnamenti gode di una prima importante sistemazione a Modena nel 1848, quando Malatesta e il segretario Francesco Manfredini stendono il “Regolamento per l’Accademia” (3). La suddivisione di discipline e insegnamenti rimane immutata nella sostanza fino al 1877, quando con lo scioglimento del consorzio delle accademie il compito dell’insegnamento delle arti a Modena è affidato a un Istituto di Belle Arti, dallo statuto completamente nuovo. Il Regolamento del 1848, come l’epistolario del maestro, rivelano che Malatesta condivide l’elaborazione teorica proposta da Pietro Estense Selvatico, teorico dell’arte e direttore dell’Accademia di Venezia, che proprio a Malatesta dedica lo scritto Dell’arte moderna a Monaco e a Düsseldorf (4), sul tema della didattica dell’arte che dovrebbe muovere dallo studio di Giotto e dei quattrocentisti veneti e toscani e avvalersi dell’esercizio sul vero coniugato con una comprensione dell’animo umano che viene dall’ispirazione personale dell’artista. Secondo Selvatico è assai importante la pratica della copia da dipinti antichi, compiuta in una fase avanzata degli studi, come ultima tappa di avviamento alla pittura. Prima di quest’ultima fase è necessaria la pratica nel disegno, che andrebbe compiuta a stretto contatto con il maestro, come accadeva nelle antiche botteghe, magari su disegni fatti allo scopo dal professore stesso. Sappiamo che Malatesta credeva nell’efficacia didattica del rapporto tra maestro e studente, come documentano i numerosi dipinti eseguiti in collaborazione con suoi allievi. La necessità di tradurre gli ideali didattici nella pratica di una istituzione accademica che vedeva crescere ogni anno le schiere degli iscritti, conduce a un sensibile accrescimento dell’organico e della suddivisione degli insegnamenti, anche all’interno della medesima scuola di Pittura. È in questa cornice che il giovane Simonazzi, tra gli allievi più stimati da Malatesta, con vari premi vinti e esperienze nelle Accademie di Venezia e Firenze assume la responsabilità dell’insegnamento nel ruolo di professore di Disegno dalle statue, dopo il pensionamento di Bernardino Rossi avvenuto nel marzo 1860. A quel tempo la scuola di Pittura è guidata dal professore Luigi Asioli, apprezzato colorista che Adolfo Venturi ricorda nelle Memorie autobiografiche anche come “valente, finissimo disegnatore” (5). Secondo il Regolamento del 1848, valido nelle linee fondamentali ancora fino al 1877, il professore di Pittura: “insegna l’arte del colorito, prepara e dispone i giovani all’imitazione del vero; li esercita nello studio delle pieghe; porge ad essi i precetti dell’invenzione, della composizione e dell’effetto del chiaroscuro, e determina le copie che ciascuno ha da fare nella galleria, indicando opportunamente i pregi e i difetti delle varie scuole pittoriche” (6). Ad Asioli dunque il compito di rifinire la formazione dell’artista, ma è il professore di Disegno dalle Statue, quindi Simonazzi, che forma il ragazzo dopo il corso preparatorio detto di “Elementi di Figura”: impartisce insegnamenti riguardo all’anatomia elementare propedeutici alle lezioni di anatomia pittorica; fa copiare gessi e statue antiche “avvisando in esse la scelta e nobile imitazione dal vero, ed avvezza i giovani all’intelligenza del chiaroscuro” (7). Sull’attività di Simonazzi come professore di Disegno dalle statue abbiamo documentazione continua tra il 1860 e il 1877; poi, con i mutamenti giuridici connessi alla trasformazione da Accademia a Istituto di Belle Arti, è professore di Disegno fino al 1901, quando, come ci informa Giovanni Canevazzi, continua a collaborare alla cattedra di Disegno almeno fino al 1904 (8). Dal 1877 dirige la didattica nella Scuola libera del nudo (9).
Tra il 1871 e il 1876 la vita dell’accademia modenese registra un cambiamento importante: Mario Di Scovolo assume l’insegnamento sulla cattedra di Paesaggio dopo la morte di Giovanni Susani. Secondo le parole di Venturi il nuovo professore “ex ufficiale dei bersaglieri pieno di vita e d’ardimento” era “piombato a Modena producendo il maremoto nelle acque chete dell’accademia” (10). Pur riconoscendo l’evidente iperbole venata di gusto polemico, tipica del temperamento del grande critico, sicuramente possiamo immaginare che Di Scovolo abbia avuto un ruolo non marginale nel diffondere il nuovo modo di dipingere più aggiornato e diretto nelle aule dell’Istituto esercitando un potente carisma, sia su Venturi stesso, sia su promettenti giovani artisti come Gaetano Bellei, Silvestro Barberini e Giovanni Muzzioli. Occorre dunque chiedersi come reagisse Simonazzi all’arrivo di Di Scovolo e alle novità del suo insegnamento. La risposta sarebbe assai semplice se conoscessimo lo stile e la tecnica esecutiva di alcuni dipinti presentati da Simonazzi alla mostra accademica del 1873, come Una sala dell’esposizione di Parigi e Il gregge, che potrebbero mostrarci il grado di assimilazione o al contrario di rigetto delle nuove tendenze veriste in un momento cronologicamente assai precoce, per i tempi della storia dell’arte cittadina (11). Allo stato attuale delle conoscenze il primo dipinto dell’artista a recepire le idee estetiche del naturalismo è il noto Lavandaie, commentato da Matteo Campori nell’albo della Società d’Incoraggiamento del 1881 (12), cioè ben dieci anni dopo l’esperienza di Di Scovolo in Accademia. Come si è detto, assai numerose sono le testimonianze che rivelano l’eccellente impegno di Simonazzi nella formazione degli studenti; anche le delibere dell’Istituto di Belle Arti ne portano testimonianza diretta, come nel caso dell’adunanza dell’11 novembre 1880 in cui Simonazzi caldeggia la pratica del disegno dal vero, non solo nel corso di Pittura dell’Istituto ma anche nel corso di Figura della scuola speciale di Ornato. Questa posizione è certamente assai innovativa rispetto a quella del professore di Ornato Ferdinando Manzini che giudica sufficiente per gli ornatisti un corso che insegni il disegno dalle statue vestite (13).
Anche Venturi, in generale fortemente critico verso l’asfittica educazione artistica cittadina, elogia l’abnegazione didattica di Simonazzi: “lasciava cader la polvere sulle sue tele per vivere tutto pe’ suoi scolari, che paga loro la carta e le matite quando non l’hanno” (14). Simonazzi è docente importante anche per Augusto Valli: un disegno di Evaristo Cappelli ritrae il professore appoggiato al bastone, intento a correggere il giovane Valli; in modo ancora più esplicito un articolo su “Il Cittadino” del 1888 ricorda che il professore di disegno “più che maestro gli fu padre amoroso”.
In memoria di un maestro e di un artista è il necrologio dettato da Canevazzi per il periodico fiorentino “Arte e Storia”: vi si ricorda come la personalità di insegnante in lui fosse prevalente su quella di artista e fosse eccellente, essendo egli “nell’esiguo numero di coloro che insegnano bene e per davvero”. Lo scritto prosegue ricordando gli oltre quarant’anni di insegnamento e il legame speciale con l’allievo Muzzioli che fu saldo e incessante, prodigo di consigli e aiuti anche quando il giovane acquistò fama nazionale; racconta come l’allievo avesse commissionato al poeta Alfonso Miotti una poesia di ringraziamento al maestro Simonazzi in occasione del successo modenese del famoso dipinto La vendetta di Poppea (15). Nel 1897, su una delle riviste più eleganti e stilisticamente innovative pubblicate a Modena a fine Ottocento, “La sciarpa d’Iride”, si rendeva conto della sensibilità dell’artista nei confronti delle novità culturali. Lo spazio a lui dedicato riportava giudizi eccellenti sulla sua attività di professore proprio per la visione penetrante e libera da preconcetti: “Gli anni non hanno indebolito il suo entusiasmo ancora giovanile per tutto ciò che ha merito indipendentemente da pregiudizi accademici. Egli è quindi anche oggi uno squisito e competente apprezzatore del bello, ovunque sia e d’ovunque venga” (16).

NOTE
(1) D. Ferriani, Malatesta direttore e le arti del disegno a Modena, in La virtù delle arti. Adeodato Malatesta e l’Accademia atestina, catalogo della mostra, Modena 1998, pp. 113-127.
(2) D. Grana, L’Accademia modenese di Belle Arti, in Atti e memorie della Deputazione di storia per le Antiche provincie modenesi, s. XI, vol. VIII (1986), pp. 313-337.
(3) ASMo, IAV, b. 122, Notizie storiche, statuti, regolamenti. Per un esame del regolamento si consiglia di leggere i testi di Daniela Ferriani e Daniela Grana, citati sopra.
(4) P. E. Selvatico, Dell’arte moderna a Monaco e a Düsseldorf, in “Educatore storico”, Modena 15 maggio 1845.
(5) A. Venturi, Memorie autobiografiche, Milano, 1927, pp. 19-20.
(6) ASMo, IAV, b. 122, Notizie storiche, statuti, regolamenti.
(7) ASMo, IAV, b. 122, Notizie storiche, statuti, regolamenti.
(8) G. Canevazzi, In memoria di un maestro e di un artista, in “Arte e storia”, anno XXVII, n. 7-8, aprile 1908, p. 60-61.
(9) ASMO, IAV, b. 33, n. 223 (1 marzo 1878).
(10) A. Venturi, Memorie autobiografiche, Milano, 1927, p. 21.
(11) Guida per l’Esposizione Triennale 1870-1871-1872 della R. Accademia Modenese delle Belle Arti e della Società d’Incoraggiamento per gli artisti della provincia di Modena aperta nelle sale di detta accademia il giorno 22 febbraio 1873, Modena 1873, p. 6 n. 53, p. 7 n. 58, p. 14 n. 183.
(12) L’esposizione triennale di Belle Arti ed Industrie nella Provincia di Modena illustrata a cura della locale Società d’Incoraggiamento per gli artisti, triennio MDCCCLXXIXMDCCCLXXX-MDCCCLXXXI, Modena 1882, pp. 25-28, 55 n. 6.
(13) ASMo, IAV, b. 38, prot. 60, 11 novembre 1880; E. Pagella, Gli anni della formazione, in Modena Ottocento e Novecento. Augusto Valli 1867-1945, a cura di E. Pagella, Modena 1989, pp. 10-14, in part. p. 10.
(14) L. Rivi, Giovanni Muzzioli e la cultura modenese: tradizione e aggiornamento nell’arte del Secondo Ottocento, in Giovanni Muzzioli, catalogo della mostra, Modena 1991, p. 13 n. 5; A. Venturi, Giovanni Muzzioli e le sue opere in L’Esposizione italiana del 1881 in Milano, Milano, pp. 211-214.
(15) G. Canevazzi, In memoria di un maestro e di un artista, in “Arte e storia”, anno XXVII, n. 7-8, aprile 1908, pp. 60-61.
(16) Antonio Simonazzi, in “La sciarpa d’Iride”, 1 gennaio 1897.

(Elisa Montecchi, 2013)