La pittura, il disegno, la fotografia
e il mercato.
Eugenio Zampighi frequenta l’Accademia Atestina di Belle Arti e partecipa sia al Premio Magnanini che al Premio Poletti, assicurandosi in quest’ultimo caso la vittoria che gli consentirà di studiare prima a Roma e poi a Firenze. Durante il Pensionato Poletti, come pochi anni prima il collega conterraneo Gaetano Bellei, Zampighi si cimenta con le novità artistiche respirate a Roma e Firenze, ma, proprio come accadde a Bellei, anche le prove di Zampighi vennero duramente criticate dalla commissione giudicatrice del premio. In seguito, le iniziali attenzioni di Zampighi nei confronti delle esperienze pittoriche di ricerca del momento lasceranno il posto ad un repertorio che più specificamente potesse rispondere alle richieste e al gusto del mercato internazionale. L’artista concentrerà così la propria produzione su dipinti aventi come soggetto scenette di genere, immagini gioiose e idilliache del mondo rurale italiano, nemmeno più del tutto contemporaneo, ma caro e molto apprezzato dai collezionisti stranieri, anche perché privo di ogni traccia di critica e tantomeno di denuncia sociale. Tipici sono, ad esempio, il nonno con i nipoti, colti in attimi di allegria e spensieratezza in rustiche cucine spoglie ma accoglienti, allestite alla perfezione, come in un odierno set cinematografico. Zampighi infatti non dipingeva dal vero, a dispetto dei tratti realistici dei suoi dipinti che vogliono trasmettere l’immediatezza dell’attimo colto. L’artista iniziò a servirsi della fotografia per realizzare le proprie opere, fotografando i propri soggetti, anziani, giovani mamme, bambini, tutti accuratamente preparati nell’abbigliamento, nella posa e nell’ambientazione scenografica, oltre ad animali domestici come gatti, cani, galline, uccellini in gabbia. Si serviva degli scatti, realizzati per lo più con la tecnica della gelatina ai sali d’argento su carta baritata oppure, all’inizio, all’albumina su carta, per inventare e creare di volta in volta i propri dipinti, vere e proprie composizioni, a mo’ di puzzle a pezzi intercambiabili, di elementi che, se osservati con cura, ritornano di volta in volta sempre uguali. È possibile osservare tale caratteristica già attraverso le opere di Zampighi presenti nella Raccolta d’Arte Assicoop (si veda il catalogo 2008, pp. 76-79). Ad esempio, l’uomo anziano che si riscalda davanti al fuoco in Dalla nonna e l’uomo anziano che porge alcune ciliegie ad un bambino in braccio alla giovane madre in Le ciliegie appena colte sono la stessa persona, lo stesso modello. Con la suppellettile d’arredamento, veri e propri oggetti di scena, il gioco è ancora più facile. Il panciuto recipiente giallo con collo strozzato e allungato, evidentemente un orcio per liquidi, ritorna in quasi tutti i dipinti presenti in collezione Assicoop; la stessa cosa dicasi per il setaccio per le farine. Il secchio metallico con collo modanato, tra l’altro con la medesima ammaccatura, torna in Le ciliegie appena colte e in Dalla nonna; allo stesso modo il recipiente marrone in coccio invetriato, ansato a bocca larga o l’alto vaso di coccio rosso, presenti il primo in Giochi di bambini, L’ombrello e Le ciliegie appena colte, il secondo in Interno con due donne e un neonato e Giochi di bambini. Anche la madia è identica in Giochi di bambini e Interno con due donne e un neonato. E si potrebbe andare avanti nella ricerca dei dettagli ricorrenti.
Nel 2009 entra a far parte della Raccolta d’Arte Assicoop Modena una cassetta dello stesso Zampighi contenente alcuni riconoscimenti accademici, un album di schizzi e 43 fotografie raffiguranti, in 42 casi su 43, opere del maestro. Le stampe costituivano per Zampighi un vero e proprio book fotografico commerciale, utilizzato per mostrare ai commercianti d’arte o ai possibili acquirenti privati le proprie opere in modo agevole.
Dunque Zampighi si serve in modo duplice del medium fotografico. Da un lato utilizza la fotografia per realizzare un album personale, potremmo dire, ad uso interno, funzionale alla realizzazione dei dipinti, composto da scatti realizzati a modelle e modelli in costume, colti in posa e in ambientazioni scenografiche appositamente allestite. Dall’altro fotografa i dipinti già realizzati per creare un album commerciale, potremmo dire ad uso esterno, per gli acquirenti. La duplice funzione del mezzo fotografico è assolutamente evidente consultando il fondo Zampighi presente presso il Fotomuseo Giuseppe Panini di Modena, al quale è stata dedicata una mostra specifica nel 2007 (1).
Di notevole interesse per ricostruire le modalità di lavoro di Zampighi risulta anche l’Album di schizzi e disegni acquisito con le foto e dunque ora nella Raccolta Assicoop; in esso l’artista, oltre a definire ulteriormente il suo repertorio di immagini, ha modo di studiare e precisare la definizione di modalità chiaroscurali e di contrasto luministico per la successiva trasposizione pittorica.
NOTE
(1) C. Dall’Olio – F. Piccinini, Eugenio Zampighi fotografo e pittore, catalogo della mostra, Modena 2007.
(Elisa Bellesia, 2013)