BERNAGOZZI FEDERICO

Portomaggiore (Ferrara), 1859 – Ferrara, 1916

Nato da famiglia di umili contadini, il giovanissimo pittore fu preso a benvolere dal conte Antonio Aventi, che lo inviò a lezioni private di disegno e pittura presso lo studio di Giuseppe Mazzolani, il miglior artista del tempo d’ambito portuense.
Visti i suoi notevoli progressi, l’aristocratico mecenate lo inviò a proprie spese – ma coinvolgendo altresì il Comune di Portomaggiore – a perfezionarsi presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze; qui egli frequentò le aule di Ciseri e Ciaranfi, sfiorò le ricerche dei pittori macchiaioli (come è evidente nei suoi pur rari paesaggi) e decise di specializzarsi nella ritrattistica, sulla scia di Gordigiani. Rientrato nella provincia natale, Bernagozzi decise di trasferirsi a Ferrara, dove tenne nel 1887 una personale di pittura presso il negozio “Santini” posto nel centralissimo corso Giovecca: qui espose unicamente ritratti, come farà nel contempo partecipando all’Esposizione Nazionale Artistica allestita a Venezia, che prefigurava un padiglione della futura Biennale. In questo fervido periodo Bernagozzi conobbe Ebe Spinalba Lacchini, ragazza ferrarese che sposò nel 1891, avendone quattro figli e che ritrasse in varie occasioni: celebre è rimasto un suo ritratto dipinto sopra la tavolozza (Ferrara, collezione privata), che rivela nel pittore qualità di robusto naturalismo e di fine introspezione psicologica, che non sfigura di fronte ai ritrattisti veneti o al miglior Michetti.
A questa fortunata stagione può avvicinarsi l’inedito ritratto della collezione d’arte Assicoop Modena & Ferrara: il volto della sconosciuta ragazza, ripreso di profilo e il cui sguardo profondo sembra rivelare il senso di una sottile malinconia, è delineato in modo formalmente impeccabile. Basti osservare l’ovale perfetto, con al centro l’occhio color nocciola, bilanciato dal fine disegno del lobo dell’orecchio, gli eleganti toni cromatici dell’incarnato, completati dal colletto bianco dell’abito ch’ella indossa.
Il piccolo quanto intenso volto muliebre è così da porre nella galleria dei suoi migliori ritratti: da quello a pastello di Annunziata Brugnoli-Milani (1888, suocera del pittore Giuseppe Sani, conservato presso il Teatro Concordia di Portomaggiore) all’altro, ben più aulico, dell’ex-soprano Maria Waldmann Massari (1894, Ferrara, Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea, non immemore di esempi mitteleuropei), dalle tre Sorelle Barbantini (1897, in collezione privata, che sembra evocare  simili pastelli della raffinatissima settecentista Rosalba Carriera) all’analogo Ritratto di Annie Atkinson-Mazza col figlio Guido (non datato ma coevo, che si trova a Ferrara in altra collezione privata).
Nell’ultimo decennio del XIX secolo Bernagozzi partecipò alle numerose mostre, organizzate dalla Società Promotrice delle Arti “Benvenuto Tisi” presso la sede del Palazzo dei Diamanti: vi presentò ritratti, di diseguale fattura, alle edizioni del 1888, 1889, 1897, 1898, 1900. Divenuto fervido sostenitore del neonato Partito Socialista, Bernagozzi prese a frequentare assiduamente scioperi ed assemblee. Ciò probabilmente determinò il fallimento del suo matrimonio. Nel 1902 i coniugi pensarono infatti di separarsi; qualche mese dopo Ebe Spinalba decise di trasferirsi a Bologna assieme ai figli, per non far più ritorno a Ferrara.
Rimasto solo, il pittore iniziò sempre più a bere, trascurando spesso la pittura, che subiva una sempre maggiore involuzione commerciale ed una sciatteria in senso esecutivo, limitandosi egli a copiare svogliatamente fotografie, spesso di persone defunte. Ormai apatico ed accidioso, il pittore non volle esporre quasi più, specie fuori le mura (nel 1904 comunque fu presente ad una collettiva a Ravenna) e pare abbia rifiutato l’invito di Giovanni Boldini, che lo stimava, di raggiungerlo a Parigi. Ogni tanto Bernagozzi rivelava la zampata del vecchio leone, come in alcuni ritratti maschili: quello icastico del 1904 in collezione privata a Ferrara, che par quasi il protagonista del dolente racconto di Mann Morte a Venezia; quello dell’onorevole Andrea Costa (1908, Ferrara, Galleria Civica d’Arte moderna e contemporanea); quello del collezionista di ceramiche Giovanni Pasetti (1910, ubicazione ignota); oppure l’Autoritratto del 1911 (Ferrara, collezione privata). Il suo amor proprio fu ferito poi da una polemica giornalistica che lo contrappose nel 1909 al letterato Ezio Maria Gray, reo di aver snobbato la sua produzione ritrattistica presentata all’ennesima collettiva ferrarese allestita al Palazzo dei Diamanti. Pur mantenendosi in parte dando lezioni private alle fanciulle della borghesia ferrarese (Isa Magrini, che per certi versi lo superò) o alle figlie di sodali (Ada Santini) o di artisti (Beatrice Maldarelli), egli viveva in una miseria pittoresca, in una bohème dai toni vernacolari, tanto che all’ennesimo sfratto gli amici socialisti della Deputazione Provinciale riuscirono a fargli ottenere come casa-studio una stanza nella torre ovest del Castello Estense di Ferrara. Qui dipinse fino alla fine dei suoi giorni, morendo per un male incurabile a soli cinquantasei anni.
Ai suoi funerali lesse l’elogio funebre il critico Alberto Neppi, proprietario delle avanguardistiche edizioni “Taddei”, mentre lo commemorò significativamente in un articolo il giovane Filippo De Pisis, usando lo pseudonimo “Il raggio”. Il Comune di Portomaggiore ha istituito in sua memoria il “Premio Speciale Bernagozzi” e una Galleria del Ritratto, presso l’ottocentesco Teatro Concordia, con dieci suoi dipinti ed altrettanti di Remo Brindisi.

Riferimenti bibliografici: Il Raggio [Filippo De Pisis], Federico Bernagozzi, in “L’Orifiamma”, febbraio 1916; R. Sitti, Federico Bernagozzi e il suo tempo, Ferrara, 1959; L. Scardino, Federico Bernagozzi ritrattista, prefazione di V. Sgarbi, Portomaggiore, 1982.

Lucio Scardino (2021)