Modena, 1824 – Reggio Emilia, 1873
Alessandro Cavazza nasce il 17 luglio 1824 a Modena da Francesco e Maria Ferrari. Tra 1834 e 1840 frequenta la Regia Accademia di Belle Arti di Modena, specializzandosi in scultura. Il primo lustro degli anni Quaranta è dedicato allo studio e all’applicazione degli insegnamenti ricevuti in Accademia attraverso la realizzazione di piccole opere su committenza. La prima edizione della Triennale della Società di Incoraggiamento di Modena del 1848, comprendente i trienni 1845, 1846, 1847, è la grande occasione per mettere in mostra le indubbie doti di esecutore e di inventore di Cavazza, che presenta una statua in scagliola a grandezza maggiore del naturale raffigurante Il Vignola. Cavazza partecipa ad altre sette edizioni della Triennale modenese, distinguendosi sempre. Alla seconda edizione del 1851 presenta il gruppo in scagliola La figlia di Nicolò de’ Lapi, opera presto acquistata dal marchese Giuseppe Rangoni per duecento lire; alla terza, del 1854, espone un bassorilievo in marmo di Carrara raffigurante una Madonna con Gesù Bambino, subito acquistata da Alessandro Pagliani per novecento lire, e la scultura a tutto tondo dal vero, sempre in marmo di Carrara, dal titolo L’incauta, acquistata dal marchese Carlo Campori, e destinata a suscitare scalpore e ammirazione tra la critica e il pubblico modenese. Al quarto triennio, edizione del 1857, è la volta del bassorilievo in marmo di Carrara raffigurante Santa Cecilia, aggiudicata al giudice Sante Marchisi per mille lire; mentre alla V-VI edizione, svoltasi tra 1862 e 1863, si presenta con un bassorilievo in marmo di Carrara raffigurante La Sacra famiglia, acquistato da Carlo Francesco Montessori per cinquecentosessantacinque lire. Inoltre partecipa, sempre con sculture in marmo, all’edizione della Triennale del 1866-1867. All’edizione successiva del 1870 espone La Ninna Nanna, rilievo alto-basso in marmo bianco di Carrara. Nell’edizione del 1877 sono esposte postume le ultime realizzazioni in marmo di Cavazza. Alla metà degli anni Cinquanta si occupa del restauro plastico dell’altare quattrocentesco di Santa Caterina in Duomo a Modena. Negli anni Cinquanta infatti, a Cavazza sono affidati diversi incarichi di restauro di opere plastiche: Adeodato Malatesta commissiona allo scultore il restauro del corpus di statue dell’Accademia di Modena e specifica, notificando gli atti al Ministero, che il ricavato di tali restauri servirà a Cavazza per potersi recare prima a Firenze e poi a Roma a studiare i grandi maestri del passato. Nel 1856 Cavazza è nominato membro onorario della Accademia di Belle Arti di Modena e l’anno successivo, grazie alle buone referenze stese da Adeodato Malatesta in occasione della nomina del 1856, concorre per il posto di Professore d’ornato e figura di scultura presso l’Accademia di Ravenna; il 4 novembre 1859 è definitivamente chiamato a ricoprire il ruolo di docente di elementi di scultura presso l’Accademia di Modena. Ai primi anni Sessanta risale la commissione, affidatagli dal Malatesta, di tradurre tridimensionalmente il Ritratto di Giuseppe Pisani eseguito dallo stesso Malatesta nel 1840; poco dopo inizia a dedicarsi allo studio e alla realizzazione della scultura marmorea di Alessandro Tassoni. Nel 1863 partecipa all’Esposizione congiunta della Regia Accademia di Modena e della Società di Incoraggiamento. Tra 1864 e 1866 si dedica alla scultura funeraria realizzando L’angelo e l’Anima per la cappella della Famiglia Bonacini e L’Angelo della Resurrezione per la cappella della Famiglia Forni, entrambe presso il cimitero monumentale di San Cataldo di Modena. Le due sculture, soprattutto la prima, danno adito a diverse critiche sia positive che negative. Si elogia la maestria dell’esecuzione tecnica e il virtuosismo del trattamento materico, ma al contempo viene criticata la composizione iconografica perché ritenuta “troppo simbolista” e di ardua lettura e interpretazione per i più. Nel secondo lustro degli anni Sessanta Cavazza, ormai definitivamente affermatosi in ambito modenese, si reca a Roma, in sostituzione di Adeodato Malatesta che in questo modo dimostra ulteriormente la propria fiducia nello scultore, per definire gli estremi legali del Lascito Poletti – e del relativo Pensionato – presso l’Accademia di San Luca. Nel 1869 fa parte della Commissione modenese per il Congresso storico di Parma. Dal 1871 inizia a lavorare al progetto della scultura a tutto tondo raffigurante Agar che piange sul figlio agonizzante Ismaele; l’opera, portata a compimento nel novembre del 1872, è presentata all’Esposizione Universale di Vienna del 1873, riscuotendo un notevole apprezzamento di critica e pubblico. Anche la critica modenese è concorde nell’ascrivere all’opera un alto valore artistico complessivo: sono apprezzate, come sempre del resto, le doti virtuosistiche di Cavazza nel trattamento del marmo che rimandano direttamente alla lezione berniniana, appresa con largo respiro durante il soggiorno romano; tuttavia è soprattutto la composizione iconografica dell’opera a riscuotere i migliori apprezzamenti. Nel medesimo anno le precarie condizioni di salute dello scultore subiscono un drastico e repentino peggioramento: a nulla valgono le cure prestategli presso le strutture sanitarie di Reggio Emilia, dove muore il 3 novembre 1873. Nel 1876 la Biblioteca Estense di Modena acquista il busto eseguito da Cavazza nel 1873, ma non finito e non firmato, a causa della repentina morte, del Conte Giovanni Galvani, con l’intento di farlo portare a compimento ed esporlo. Nel 1886 il prof. Leonardo Grandi dona al Museo Civico di Modena il bozzetto per un monumento di mano del Cavazza.
Riferimenti bibliografici: Archivio di Stato di Modena, Fondo Istituto d’Arte A.Venturi, Ruolo…1834-1840; Albo della Società…1848; Albo della Società…1851; Albo della Società…1854; Albo del quarto triennio…1857; Albo della Società…1862; Guida per la esposizione…[1863?]; Guida per la esposizione…[1866?]; Alessandro Cavazza…1867; Società di incoraggiamento…1872; Due busti…1876; L’ esposizione triennale…1877; Museo Civico…1886; Gardelli 1960; La Virtù delle Arti…p. 130; Barbieri 2008, p. 73.
(Elisa Bellesia, 2010)