CHITTO’ BARUCCHI GIUSEPPE

Giuseppe Chittò Barucchi

Ferrara, 1816 – 1900

La coppia di quadretti ora parte della Raccolta Assicoop con vedute urbane ferraresi è da porre fra gli esiti più convincenti del vedutista Giuseppe Chittò Barucchi, giustamente considerato il massimo paesaggista dell’Ottocento ferrarese.
Il primo dipinto raffigura la piazza maggiore della città, con la Cattedrale romanico-gotica, il campanile quattrocentesco, il neoclassico Palazzo di San Crispino sul fondo e sulla destra il distrutto Palazzo della Ragione e la seicentesca Torre dell’Orologio, definita da Savonuzzi una “quinta-chiusura della sequenza” sulla scena urbana, animata da eleganti passanti e da una carrozza dai toni scuri.
Il secondo dipinto raffigura il trecentesco Castello Estense visto dall’antistante canal Panfilio, che venne tombato con l’Unità d’Italia e che corrisponde all’odierno viale Cavour; il quadro è infatti databile per riscontro stilistico oltre che per analogia con la Veduta della Cattedrale (con iscrizione) al periodo papalino, nel 1854, e raffigura ancora le cadenti casupole sulla sinistra, poi distrutte, mentre sul fronte opposto sorgeranno i Giardini Pubblici.
Chittò Barucchi apparteneva ad una benestante famiglia di Ferrara e avendo dimostrato una forte vocazione per il disegno, fu inviato dai genitori ai corsi della Civica Scuola di Ornato, sotto la guida di Gaetano Domenichini negli anni Trenta; in seguito decise di perfezionarsi nella paesaggistica frequentando lo studio di Giuseppe Coen, pittore e fotografo ebreo ferrarese, il quale viveva a Venezia, dove morirà nel 1856. Coen gli fece studiare la tradizione dei grandi pittori settecenteschi veneziani (Canaletto, Bellotto) e di quegli artisti friulani che si erano trasferiti a Venezia ad inizio Ottocento, da G.B. Bison a Giuseppe Borsato, reinterpretati da Chittò con sensibilità quasi romantica (Savonuzzi nel pubblicarla per primo parla per questa coppia di quadretti di sapienti “lumeggiature di biacca a filetto”, nonché di “angolazioni panoramiche, da grandangolare”).
I due dipinti (di recente restaurati con perizia) si avvicinano così parecchio al nucleo di quadri del Chittò conservati presso le Civiche Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea di Ferrara, che presentano sia vedute ferraresi che veneziane. Ci riferiamo a Piazza del Mercato e Castello di Ferrara (1854), La Fortezza di Ferrara (1858), Cà d’Oro e Cà Vendramin (vedute lagunari entrambe del 1858) e Palazzo Ducale e Bacino con la Riva degli Schiavoni a Venezia (1861).
Distaccandosi dal gusto “fotografico” del suo maestro Coen, talvolta in rapporto con la coeva e romantica maniera di Ippolito Caffi, il Chittò riuscì a raggiungere uno stile proprio e peculiare, apprezzabile anche in questa coppia di dipinti acquisiti da Assicoop. Si veda il perfetto gioco luministico e tonale che pervade i muri del Castello e delle attigue casette, la finezza nella resa delle acque del canal Panfilio, la felicità nell’interpretare le piccole figure, quasi “macchiette” intente a passeggiare dinanzi al fortilizio, sul sagrato del Duomo o sul cosiddetto Listone (odierna piazza Trento e Trieste), illuminate da una calda luce, il perfetto impianto compositivo delle due composizioni; e non a caso “prospettico” e non “vedutista” Chittò Barucchi amava farsi definire da amici ed estimatori.
Egli continuerà ad esporre i suoi apprezzatissimi paesaggi ferraresi o veneziani per tutta la seconda metà dell’Ottocento alle mostre collettive che si tenevano, promosse dalla Società “Benvenuto Tisi”, presso il Palazzo dei Diamanti di Ferrara, giungendo alla edizione del 1891. Nel contempo egli si dedicherà alla stesura di una guida artistica di Ferrara, purtroppo rimasta inedita (e conservata manoscritta presso la Biblioteca Estense Universitaria di Modena, Deposito Campori), ma seguirà altresì il mercato antiquariale, vendendo sculture e quadri, oppure eseguendo egli stesso copie dei dipinti antichi, con impeccabile perizia.
Ancora oggi spesso i suoi deliziosi quadri paesaggistici compaiono sul mercato antiquario, nazionale ed internazionale, anche se non sempre essi appaiono firmati, quasi che Chittò Barucchi, a causa del censo elevato, si considerasse una sorta di “dilettante di lusso”: una modestia del tutto non condivisibile, visti gli alti risultati da lui raggiunti.

Riferimenti bibliografici: C. Savonuzzi, Ottocento Ferrarese, Milano, 1971, p. 63, nn. 209-210. Neo-estense. Pittura e Restauro a Ferrara nel XIX secolo, a cura di Lucio Scardino e Antonio P. Torresi, Ferrara, 1995.

Lucio Scardino (2021)