COVILI GINO

Pavullo nel Frignano (Modena), 1918 – 2005

Gino Covili nasce il 21 marzo 1918 a Pavullo nel Frignano (Modena). La passione per il disegno e per la pittura spingono l’artista a studiare da dilettante la storia dell’arte e a addestrarsi nelle tecniche del disegno e della pittura a olio. Sono gli anni cinquanta e l’artista dipinge soprattutto paesaggi, scorci di case e colline vicine al suo paese, con una pennellata carica di colore dall’effetto macchiato come Casa Tesi (1955) o Case di Pavullo da Prato della Fiera (1955) Circonvallazione (1956). Nel tempo libero dal mestiere di bidello al Liceo Scientifico di Pavullo, approfondisce la cultura visiva studiando la pittura delle correnti figurative del Novecento. L’influsso di quegli studi è molto evidente nel bel dipinto a olio su faesite Vladimiro e Graziella fanno i compiti (1956) dove le pennellate piatte, organizzate in volumi semplici e forme spoglie di dettagli, raccontano l’intimità famigliare dei bambini concentrati sui compiti.
Il cantiere privilegiato in cui si esprime la cifra espressiva che distinguerà tutta la produzione dell’artista è quello del disegno. L’artista disegna al tratto gli animali più emblematici della tradizione contadina, come Torelli (1984, sanguigna su carta), oppure la fauna dei boschi che attiva nella sua immaginazione il senso della favola come Lotta tra il gufo e il pippistrello (1978, carboncino su carta), Il gatto selvatico (1968, carboncino su carta), Lotta tra il riccio e la mangusta (1969, china su carta), Lotta di cervi (1982, china su carta). Il bestiario di Covili è presente anche in pittura con La volpe nel pollaio (1969), il cavallo riottoso di L’eclisse (1972), I cinghiali (1973), I lupi (1975), dove il segno minuto e descrittivo esalta e deforma i caratteri – denti aguzzi, occhi incandescenti, setole ispide – che sollecitano l’immaginario bizzarro dell’artista, con un esito violentemente decorativo.
Questo personale stile grafico, così analitico ed espressivo, diventa una lente per interpretare la natura, come in La vendemmia (1981) o nel paesaggio scosso dalla bufera di Il temporale (1975-1976) o la desolazione delle case lasciate in rovina dagli emigranti partiti in cerca di fortuna come La borgata abbandonata (1978).
Forte di un passato di lotte partigiane, e successivamente coinvolto in prima persona nell’impegno politico, Covili trova ampia ispirazione nei temi del lavoro. Protagonisti di numerosi disegni ma soprattutto dei grandi cicli di dipinti sono i lavoratori della terra. I volti sono maschere dai tratti esacerbati dalle fatiche, le braccia si forgiano nel lavoro, le grandi mani hanno giunture nodose e nocche aggettanti, come si può vedere in Il Fumatore (1980) o Il pastore sardo entrambi in collezione Assicoop. Come evidenzia Renato Barilli nella monografia Antonio Ligabue tra primitivismo e arte colta (1986, p. 12), le figure umane di Covili sono affette da un ‘gigantismo monumentale’, mani e piedi sono ‘spinti in primo piano, quasi a uscir fuori dal dipinto (…). Il tutto per sottolineare le fatiche e le pene del mondo del lavoro, per elevare una sorta di poema epico di stampo esiodeo’. Covili dipinge lavoratori nelle attività quotidiane come Il Mietitore (1972) o L’ultimo covone (1974), o ancora L’urlo (1971) dove un gigante con la zappa dissoda un terreno arido e pietroso. La prospettiva schiacciata e deforme contrassegna tutta l’arte di Covili, ma raggiunge gli effetti più evidenti nei dipinti che rappresentano le occasioni corali della vita contadina come il carosello di uomini e bestiame nei mercati di paese di La fiera (1977) o ancora, L’uccisione del maiale (1975-1976) o Discussione per la fondazione della cooperativa (1975). La fortuna espositiva di Covili ha inizio nel 1964 con la prima mostra importante alla Galleria Indipendenza di Bologna presentata da Mario Ricci. Il lancio sul piano nazionale avviene qualche anno dopo, nel 1968-1969 alla Galleria Borgogna di Milano, con l’autorevole introduzione del critico Mario de Micheli.
Dai primi anni Settanta si dedica a tempo pieno alla pittura e il successo si consolida con le mostre romane alla galleria La Nuova Pesa. La prima, nel 1971, per Covili è un’occasione di grande importanza perché i suoi dipinti sono esposti con quelli di Antonio Ligabue (1899-1965). Per tutti gli anni settanta e ottanta Covili partecipa a rassegne dedicate al naïf, sebbene i critici, da De Micheli a Andrea Emiliani (Gli occhi della vita…2006, p. 16), abbiano sempre riconosciuto in Covili soprattutto un narratore di temi sociali, certamente un artista autodidatta ma con una solida formazione culturale connessa a una precisa visione politica.
Covili muore il 6 maggio 2005 a Pavullo nel Frignano. Un anno dopo dal 29 aprile al 2 luglio 2006 la città di Modena gli dedica una mostra personale, con interventi critici in catalogo di Andrea Emiliani, Maria Teresa Orengo, Giorgio Celli, Maurizio Maggiani e Vico Faggi. Una mostra permanente di 58 opere è allestita nel Castello di Montecuccolo a Pavullo nel Frignano.

Riferimenti bibliografici: De Micheli 1974; Gino Covili 1975; De Micheli 1979; Gino Covili 1985, p. 41-45; Gino Covili in ‘FMR’ 1985; Barilli, Antonio Ligabue… 1986, p. 12; Covili e il paesaggio 1990; Seppilli 1990; Francesco. Il grande Santo…1994; Pancera 1996, p. 33-34; Il paese ritrovato…1998; Due amici e la guerra…2000; L’Uomo per la terra… 2001; Il segno di un destino…2005; Covili. Gli occhi della vita…2006; Faggi, Vita… 2006; Faggi, Le vicende… 2006; Tarantino 2007

(Elisa Montecchi, 2008)