Ferrara, 1896 – Milano, 1956
Luigi Filippo Tibertelli nacque a Ferrara in una famiglia della nobiltà cittadina che ne curò l’educazione in casa tramite precettori. Il giovane riceveva lezioni di disegno dal pittore ferrarese Odoardo Domenichini, studiava appassionatamente botanica e leggeva riviste d’avanguardia come “La Voce” e “Lacerba” impegnandosi assai presto anche in esperimenti di poesia e scritti letterari.
Da subito si firmò con lo pseudonimo Filippo De Pisis, evocando così il nome di un illustre suo avo, il condottiero di ventura quattrocentesco Filippo Da Pisa. A Venezia, per la visita militare, studiò i dipinti di Tiziano, Tintoretto e Tiepolo conservati nei musei e nelle chiese, riportandone importanti stimoli per lo sviluppo delle abilità di colorista.
Dopo aver pubblicato la raccolta poetica I canti della Croara, nel 1916 fu a Bologna per seguire le lezioni universitarie stringendo decisivi legami intellettuali: dal critico Giuseppe Raimondi, agli scrittori Giovanni Cavicchioli e Umberto Saba. Entrò in contatto con Alberto Savinio e Giorgio De Chirico che lo introdussero alla letteratura d’avanguardia francese, in particolare ai versi del poeta Gauillaume Apollinaire, cui dedicò una prosa poetica. In questi anni intrattenne scambi epistolari con importanti protagonisti del pensiero critico-artistico contemporaneo, come Ardengo Soffici, l’animatore del movimento Dada Tristan Tzara e il compositore futurista Balilla Pratella. Sperimentò personalmente il collage e i papiers collés di ispirazione dadaista e si cimentò in riuscite personali interpretazioni dell’estetica metafisica come Natura morta accidentale (1919, Verona, Fondazione Domus). Dimostrò una profonda competenza sulle teorie estetiche contemporanee, come risulta evidente nella lettera aperta a Benedetto Croce in difesa del futurismo e nell’articolo Pensieri per una nuova arte: l’arte figurativa e l’arte plastica pubblicato sul primo numero della rivista “Valori Plastici” (1918). Negli anni bolognesi De Pisis conobbe Giorgio Morandi e frequentò Vincenzo Cardarelli, tra i redattori della rivista letteraria “La Ronda”, che dopo l’esperienza avanguardista de “La Voce” proponeva un ritorno alla tradizione classica.
Nel marzo 1920 la Casa d’Arte Bragaglia di Roma organizzò la prima mostra monografica su Filippo De Pisis con suoi disegni e acquarelli. Di lì a poco l’artista si trasferì a Roma: nella capitale attese ad alcune collaborazioni come giornalista, frequentò Mario Broglio, fondatore della rivista “Valori Plastici”, e lo scrittore Giovanni Comisso, con cui vivrà un intenso sodalizio artistico e letterario. Nella primavera del 1923 accettò un incarico per l’insegnamento del latino ad Assisi, trascorrendo il tempo libero a studiare le grandi pitture murali della basilica, disegnando schizzi ed eseguendo copie parziali dagli affreschi.
Dalla metà degli anni Venti l’impegno nella pittura gradualmente sopravanzò l’ispirazione letteraria: dopo la mostra personale nel ridotto del Teatro Nazionale di Roma (1923), presentò Cibi agresti e Natura morta alla III Biennale romana e l’anno dopo inaugurò alla Saletta Lidel di Milano una personale con quarantasei opere introdotte dalle parole di Carlo Carrà. Nel 1926 partecipò alla I Mostra del Novecento italiano e inviò una Natura morta alla Biennale di Venezia, inaugurando con questa prima partecipazione una assidua tradizione di presenza alla manifestazione fino alla XXVII edizione del 1954.
Dal 1925 si intensificarono i soggiorni nella capitale francese: De Pisis vi frequentava numerosi artisti, da Italo Svevo a James Joyce, a Georges Braque, a Henri Matisse a Pablo Picasso, e partecipava a mostre come Les artistes italiens de Paris (1927) al Salon de l’Escalier o la Exposition d’art italien moderne curata dal pittore Mario Tozzi alla Galerie Bonaparte nel 1929. Quell’anno inviò le opere Vitello squartato e Paesaggio del Cadore alla II Mostra del Novecento italiano. Ormai De Pisis è pittore di successo. Negli anni Trenta la sua casa parigina, in rue Servandoni, è frequentata da molti artisti e letterati italiani e francesi, tra cui Aldo Palazzeschi e Achille Funi, Jean Cocteau, André Derain e Soutine. Come osserviamo in opere come Natura morta col martin pescatore del 1925 (Ferrara, Museo d’Arte Moderna e Contemporanea “Filippo de Pisis”), De Pisis amava stendere il colore a piccoli tocchi, con brevi colpi di pennello e una ricerca sulla luce di tipo postimpressionista. Giunto di lì a poco a Parigi approfondì le ricerche in questa direzione studiando le opere di Claude Monet e Alfred Sisley e il colore espressionista di Pierre Bonnard, Édouard Vuillard, Henri Matisse. Negli anni Trenta la ricerca sul colore e le modalità di stesura dello stesso approdò infine a un esito quasi gestuale ed espressionista: in dipinti come Strada di Parigi del 1938 (Ferrara, Museo d’Arte Moderna e Contemporanea “Filippo de Pisis”) il ritmo diventa dinamico, le pennellate si succedono freneticamente sul fondo con un effetto di grande partecipazione lirica e sublimazione quasi astratta.
Nel 1931 partecipa alla Quadriennale Nazionale di Roma, mostrandosi assiduo a questa manifestazione fino alla settima edizione del 1955. Nel 1935 fu nuovamente a Londra, dove eseguì dipinti su invito del gallerista Anton Zwemmer, che allestì una mostra personale premiata da grande successo presso gli ambienti culturali cittadini.
Allo scoppio della Guerra De Pisis lasciò definitivamente Parigi e rientrò in Italia, donando alla Galleria d’Arte Moderna di Roma dodici dipinti. Nel frattempo la sua nuova casa di Milano divenne, come l’appartamento parigino, un punto di riferimento per amici letterati e pittori quali Pompeo Borra, Domenico Cantatore o il giovane Renato Guttuso. Nonostante la guerra continuavano le mostre personali a Milano, Genova, Bergamo e nel 1942 alla Galleria del Cavallino di Venezia. L’editore Vallecchi pubblicò un’ampia raccolta di sue Poesie e la monografia a lui dedicata di Giovanni Cavicchioli. Negli anni Quaranta eseguiva anche celebri ritratti, tra cui ricordiamo Il beato Labre (Lubiana, Narodna Galerija).
L’ispirazione poetica di De Pisis, che amava i versi di Eugenio Montale (cui nel 1940 donò il dipinto Il beccaccino, del 1932) è evidente soprattutto nelle sue tante nature morte: è il caso ad esempio di Natura morta marina (1931, Firenze, Museo Novecento, Collezione A. Della Ragione) dove conchiglie e oggetti in primo piano sull’arenile si stagliano sull’ampiezza del cielo e del mare, ponendo in rilievo il silenzio che circonda le cose, come pause del verso poetico.
Nel 1943 De Pisis si trasferì a Venezia, dove ebbe modo di eseguire dipinti come Veduta veneziana e Ponte di Rialto, dedicati nel 1947 allo scrittore Aldo Palazzeschi e ora conservati nelle raccolte dell’Università degli Studi di Firenze. La sua pittura, ancora stesa a tratti e colpi di pennello era tuttavia ormai meno frenetica e sincopata. In seguito, De Pisis privilegiò campiture sempre più schiarite, tenui e rarefatte, come nel celebre La rosa nella bottiglia, del 1950 (Ferrara, Museo d’Arte Moderna e Contemporanea “Filippo de Pisis”).
Negli anni del secondo dopoguerra furono innumerevoli le occasioni espositive; tra tutte ricordiamo: nel 1946 la mostra alla Galleria del Cavallino di Venezia; nel 1950 le esposizioni alla Saletta degli amici dell’arte di Modena, alla Bussola di Torino e alla Scaletta di Bologna; nel 1951 la grande mostra retrospettiva al Castello Estense di Ferrara curata da Giuseppe Raimondi.
L’aggravamento della malattia nervosa di cui soffriva aveva imposto nel 1949 il ricovero dell’artista nella clinica Villa Fiorita di Brugherio, dove dimorò fino alla morte, avvenuta a Milano in casa del fratello Francesco, il 2 aprile 1956. In giugno la Biennale di Venezia riservò all’artista una ricca mostra retrospettiva, con presentazione di Francesco Arcangeli. La città di Ferrara conserva nel Museo d’Arte Moderna e Contemporanea “Filippo de Pisis” la più grande raccolta pubblica di opere dell’artista.
Riferimenti bibliografici: De Pisis: gli anni di Parigi 1987; De Pisis: catalogo generale 1991; De Pisis a Milano 1991; Filippo De Pisis. Nature morte 1996; De Pisis a Ferrara 2006; Comisso 2010; Filippo de Pisis botanico flâneur 2012; De Pisis en voyage 2013; Filippo De Pisis. Bibliografia degli scritti 2013; Manlio Malabotta e le arti 2013.
(Elisa Montecchi, 2016)