Marrara (FE), 1862 – Forlì, 1925
Di origine ferrarese, Arnaldo Ferraguti trascorse gli anni dell’adolescenza a Napoli, dove frequentò la scuola tecnica “Giovanni Battista della Porta”. Dal 1879 al 1882 fu iscritto all’Accademia di Belle Arti, dove fu allievo di Domenico Morelli, il grande pittore caposcuola del rinnovamento antiaccademico a Napoli, allora titolare della cattedra di Pittura.
Proprio all’influenza di Morelli possiamo ricondurre il dipinto di soggetto orientalista Alhambra Funerali di un emiro che Ferraguti presentò nel 1880 alla Esposizione della Società Promotrice. Nel 1883 fu all’Esposizione nazionale di Belle Arti di Roma con Ave Resurrecturis!…, opera al momento nota solo attraverso le positive cronache del tempo, che ne evidenziavano il carattere classicista e decorativo.
Tra il 1884 e il 1885 si trasferì con la famiglia in Abruzzo, dove strinse legami culturali e affettivi determinanti per la costruzione della sua vicenda artistica. Fu accolto infatti nell’entourage del pittore Francesco Paolo Michetti che nell’antico convento francescano di Santa Maria Maggiore di Francavilla aveva dato inizio a un cenacolo di artisti, pensatori, letterati che discutevano i temi dell’arte totale come superamento delle barriere tra pittura, scultura, musica e poesia per giungere a una fedele riproduzione del vero. A Francavilla Ferraguti entrò in contatto con Gabriele D’Annunzio e Matilde Serao, il pittore Giulio Aristide Sartorio, il musicista Francesco Paolo Tosti. Grazie a Michetti si avvicinò alla fotografia e a ricerche sperimentali sulla tecnica del pastello realizzando opere intrise di verismo intimista come i numerosi studi di teste di giovani popolane o vecchi irsuti e rugosi che inviò a numerose esposizioni, tra cui anche l’Esposizione Nazionale di Bologna del 1888. I medesimi temi ispirati alla pittura di Michetti ritornano anche in composizioni a olio su tela come Povera Ninì (Collezione privata), Zingarella (Genova, Galleria d’Arte Moderna), Saltimbanco (Verbania, Galleria d’Arte Verbania Srl). Trascorse la seconda metà degli anni Ottanta tra l’Abruzzo, Ferrara, Roma e la campagna romana, in particolare Anticoli Corrado, dove condivise l’abitazione con Sartorio dedicandosi all’elaborazione del grande dipinto Alla vanga (ora a Verbania, Museo del Paesaggio) che fu premiato nel 1891 alla Prima Triennale di Brera. L’opera mostra l’interesse di Ferraguti per le istanze del realismo sociale, in particolare per il tema del lavoro dei campi di cui l’artista coglie il carattere di forza vitalistica nei gesti pieni di vigorosa dignità. La tecnica pittorica dipende dai modi di Michetti, con l’acuto realismo dei volti e le ampie campiture compatte alternate a settori dalla pennellata più franta e abbozzata. In una lettera al giornale dell’esposizione milanese l’artista indicò nella composizione diagonale della fila dei vangatori il maggiore elemento di difficoltà del dipinto che fu invece apprezzato soprattutto per l’abile resa del colore e della luce solare e per la varietà di atteggiamenti e fisionomie.
Dal 1891 Ferraguti si stabilì a Milano, dove la maggior parte degli artisti era coinvolta in sperimentazioni della tecnica divisionista, cui l’artista ferrarese non si avvicinò mai, preferendo rimanere fedele alle istanze del verismo più tradizionale.
Fu presente assiduamente a esposizioni in Austria e negli stati tedeschi, dove presentò con successo pastelli e dipinti a olio: nel 1887 fu a Dresda e a Vienna, tra il 1889 e il 1901 espose quasi ogni anno all’Esposizione annuale di Monaco di Baviera; nel 1893 a Berlino e nel 1896 a Stoccarda. Tra il 1887 e il 1900 espose alle mostre nazionali più importanti: a Milano ma anche a Torino, Genova, Firenze, Palermo, Roma. Nel 1897 e nel 1899 espose alla Biennale Internazionale di Venezia.
Per la casa editrice Fratelli Treves dal 1890 eseguì numerose tavole illustrative. I canoni di fedeltà al vero che guidavano la sua ricerca artistica lo portarono a compiere un viaggio transoceanico per studiare soggetti e paesaggi da riprodurre nelle tavole di corredo al romanzo Sull’Oceano di Edmondo De Amicis. Al successo dell’apparato illustrativo di Sull’Oceano seguirono le tavole per il romanzo Cuore (1891) e numerosi altri incarichi. Nel 1891 il matrimonio con Olga Treves, nipote del fondatore della casa editrice, determinò il definitivo consolidamento della posizione di Ferraguti nella colta società cittadina che partecipava ai ritrovi in casa di Emilio o di Giuseppe Treves, animati da artisti e letterati come il compositore Giuseppe Giacosa (1847-1906), il letterato Arrigo Boito (1842-1918), il romanziere Luigi Capuana. In casa Treves Ferraguti conobbe Giovanni Verga, di cui ammirava profondamente le convinzioni di orientamento verista. Egli convinse lo scrittore, tradizionalmente avverso alle edizioni illustrate dei suoi testi, a dare il consenso per una editio picta delle novelle di Vita dei Campi. Per eseguire le tavole Ferraguti viaggiò in Sicilia con Verga e lo scrittore Federico De Roberto, riportando schizzi e fotografie che confluirono nell’elaborazione delle illustrazioni dell’edizione Treves nel 1897. Negli anni Novanta fu fitta l’attività di illustratore per la rivista “Illustrazione Italiana” come per vari romanzi tra cui ricordiamo anche I Naufraghi del Poplador di Emilio Salgari (1895), le Novelle di De Amicis e i romanzi di Cordelia.
L’intesa artistica e personale con D’Annunzio, mai interrotta fin dai tempi del cenacolo di Francavilla, si rinsaldò alla fine del secolo con il progetto comune di un romanzo illustrato di ambientazione siciliana. Se D’Annunzio e Ferraguti non completarono mai quell’impresa, dalla loro fervida collaborazione nacquero però importanti realizzazioni come la versione illustrata della celebre novella di D’Annunzio L’eroe, che uscì nel 1902 sulla rivista edita dai Treves “Il Secolo XX”. Due anni dopo Ferraguti ideò con Michetti l’allestimento delle scene del dramma pastorale dannunziano La figlia di Iorio, che godette di un successo senza pari presso il pubblico milanese. Infine, nel 1908, illustrò l’edizione Treves delle Novelle della Pescara. Negli anni 1898 e 1899 iniziò a diradare notevolmente l’impegno come illustratore per la casa editrice Treves, anche in concomitanza di un sempre maggiore desiderio di autonomia rispetto all’azienda famigliare. Più rara anche la presenza alle esposizioni, comunque documentata ancora nel 1900 alla Triennale di Brera, nel 1901 all’Esposizione annuale di Monaco di Baviera, nel 1902 alla Quadriennale di Torino, nel 1906 all’Esposizione Nazionale di Milano, e con un’ultima presenza nel 1908 alla Promotrice di Firenze.
Nel secondo e terzo decennio del Novecento Ferraguti abbandonò gradualmente l’attività artistica, preferendo dedicarsi a sperimentazioni chimiche dai risvolti imprenditoriali. Già nel 1894 infatti aveva brevettato un fissatore per colori a pastello che fu apprezzato da numerosi artisti e acquistato per la commercializzazione dalla ditta Lefranc di Parigi. Dopo questo primo successo Ferraguti perseguì nella vocazione imprenditoriale, brevettando nel 1902 un nuovo materiale surrogato della lavorazione del cuoio, una pergamena artificiale ammirata per le qualità tattili anche da D’Annunzio. Si dedicò infine solo sporadicamente a progettare illustrazioni per l’editore Hoepli (Luigi Barzini, Qua e là per il mondo: ricordi e racconti, 1916) e per il supplemento La lettura del “Corriere della Sera” (Silvio Zambaldi, La catena d’oro; Marino Moretti, Né bella, né brutta, 1920-1921). Morì a Forlì nel 1925.
Riferimenti bibliografici: Rebora 2006 (con bibliografia precedente).
(Elisa Montecchi, 2016)