GRAZIOSI GIUSEPPE

Savignano sul Panaro (Modena), 1879 – Firenze, 1942

Nasce il 25 gennaio 1879 a Savignano sul Panaro da Pietro Graziosi e Angela Marchi, mezzadri del fondo Mombrina di proprietà di Arsenio Crespellani, sindaco del piccolo borgo e affermato archeologo. Intuite le doti del giovane, Crespellani e la moglie Emilia ne finanzieranno l’iter formativo a Modena, Firenze, Roma e Parigi. Dal 1892 al 1898 compie il primo tirocinio artistico al Regio Istituto di Belle Arti di Modena dove frequenta il corso speciale di scultura sotto la guida di Giuseppe Gibellini. Esegue in quel periodo opere quali La cicca (Modena, collezione privata), i ritratti dei coniugi Crespellani (Modena, Museo Civico d’Arte) e Il san Giovanni Battista (Modena, Istituto d’Arte “A. Venturi”, depositato presso il Museo Civico d’Arte), premiato alla mostra della Società d’Incoraggiamento di Modena del 1897. Nel 1898 termina l’ultimo anno con la statua dal vero Il figlio della gleba, presentata e lodata all’Esposizione Nazionale di Torino, che mostra l’adesione a quel realismo sociale vicino ai modi di Constantin Meunier. A partire da quest’anno Graziosi concorre per tre volte (1898, 1902-1903 e 1907) alle prove previste per il Concorso del Pensionato Artistico Nazionale di Roma, senza riportare alcun successo. Segue il passaggio all’Accademia di Belle Arti di Firenze dove frequenta la Scuola Libera di Nudo sotto la guida dello scultore Augusto Rivalta che, tra l’altro, accoglie il giovane nel suo studio per fare pratica. All’epoca Giovanni Fattori insegnava pittura nella sezione femminile e il suo studio diventa probabilmente meta di pellegrinaggio per Graziosi e compagni. Tra questi si ricorda Ardengo Soffici, l’amico di una vita col quale condivide l’interesse iniziale per l’arte dei macchiaioli e per il Divisionismo. Sarà la frequentazione della Fonderia del Pignone di Firenze a suggerirgli l’idea per la statua Il fonditore (Modena, Gipsoteca Graziosi), eseguita nel 1899 a Modena e presentata all’Esposizione Universale di Parigi del 1900 ove Graziosi si aggiudica una medaglia di bronzo. Dal 1900 al 1901 presta servizio militare a Roma come addetto dapprima alla sezione fotografica di Monte Mario, e poi alla sezione restauri di Castel Sant’Angelo. Tra i commilitoni stringe amicizia con il pittore e caricaturista Ezio Castellucci. Al termine del servizio militare, nel 1902, frequenta la Scuola libera di Nudo presso l’Accademia di Belle Arti della capitale. Gli anni romani registrano una transitoria inclinazione simbolista, come prova il bassorilievo per la tomba di Arsenio Crespellani nel Cimitero di San Cataldo a Modena, ispirato a modelli bistolfiani. In quello stesso periodo si evidenzia d’altra parte un interesse sempre più crescente per Rodin e per le scene di genere di ambientazione rurale ispirate a Cecioni. Nel 1903 soggiorna a Parigi, dove è presente anche l’amico Ardengo Soffici. Nella città lavora per un cliente tedesco e collabora con lo scultore carpigiano Salesio Lugli. Carico di aspettative, Graziosi rimane deluso dalla situazione artistica che vi imperversava, dichiarando rinsaldata la propria ammirazione per l’arte del passato e per i già noti Millet e Rodin. A partire da quest’anno fino al 1942, anno della morte, Graziosi partecipa periodicamente alle Esposizioni Internazionali di Venezia. La breve permanenza parigina aggiunse comunque nuovo vigore nella produzione artistica come evidenziano, nella pittura, la vicinanza con le esperienze post–impressioniste, che si traduce nell’uso di una gamma coloristica dai toni forti e di una pennellata vigorosa. Ne sono un esempio l’olio L’aratura (Modena, raccolta Assicoop – Unipol) e i dipinti presentati alla mostra dei “dissidenti” organizzata in Palazzo Corsini a Firenze da Galileo Chini e Ludovico Tommasi, che vede artisti come Nomellini, Costetti, De Carolis, Andreotti e Geminiani accomunati dal desiderio di rinnovare radicalmente l’arte toscana. Graziosi, che nel 1904 aveva ripreso le lezioni presso la Scuola libera di Nudo, vince il concorso “Baruzzi” di Bologna per due edizioni successive: nel 1904 con la scultura All’opera e nel 1908 con il dipinto Malocchio. Nel 1906 aderisce al gruppo “Giovane Etruria” promosso da Plinio Nomellini e da Galileo Chini. I dipinti di questo periodo aventi per soggetto il mondo contadino o scene di vita familiare – si era sposato il 5 febbraio con Bianca Coduri, conosciuta all’Accademia di Firenze, dalla quale avrà due figli Paolo e Rosetta – mostrano un ductus pittorico ispirato al Divisionismo non scientifico proposto da Nomellini. Col gruppo partecipa a importanti mostre: nel 1906 alla Mostra Nazionale di Milano e nel 1914 alla Mostra della Secessione Romana. Nella prima metà degli anni dieci del secolo Graziosi, in linea con quanto andavano teorizzando Ugo Ojetti e Ardengo Soffici, avverte il richiamo dell’arte rinascimentale proponendo sculture che, rispetto a quelle degli esordi, attendono a valori di sintesi e di armonia formale. Sono queste le qualità che connotano opere quali La lupa, Susanna – premiata all’Esposizione di San Francisco del 1915 – e Bagnante. Intensa la produzione grafica di questi anni che vede l’avvicinamento dell’artista alla tecnica della litografia (Raccolta Assicoop Modena – Unipol). Graziosi, parallelamente all’attività artistica, intraprende una brillante carriera accademica: è del 1914 la nomina a professore di Plastica della figura come aggiunto nella cattedra del titolare, Domenico Trentecoste, a Firenze, cui seguiranno i trasferimenti del 1915 a Milano, del 1924 a Napoli e del 1926 di nuovo a Firenze. Al termine della Prima Guerra Mondiale gli vengono allestite importati mostre personali: nel 1918 a Firenze, in Palazzo Antinori e nel 1919 alla Galleria Pesaro di Milano. Contemporaneamente al generale clima di “ritorno all’ordine”, gli anni venti del secolo registrano nella varia produzione artistica di Graziosi un ancora più decisivo rapporto con la tradizione figurativa italiana che privilegia i modelli rinascimentali e le forme esuberanti e sensuali dell’arte del Sei-Settecento. Ne sono un esempio, per la scultura, la Fontana dell’Unione delle Razze per la città di Lima (1922-1923), Pomona, La Frutta e il Compianto sul Cristo realizzato per la cappella del cimitero modenese di San Cataldo; mentre, per la pittura, si segnala il ciclo decorativo eseguito tra il 1925 ed il 1927 per il Palazzo della Banca di Roma a Piacenza, con soluzioni che guardano a Pietro da Cortona, Tintoretto e Tiepolo. Analoghi i risultati che contrassegnano la coeva produzione grafica, come evidenzia la serie completa della Via Crucis incisa dall’artista a partire dal 1920. Nel 1924 acquista una casa in Liguria, a San Remo, dove, ogni anno, trascorre i mesi invernali per motivi di salute. La varietà del paesaggio ligure ispirerà all’artista diversi opere pittoriche e grafiche. Nel 1929 al littoriale di Bologna viene inaugurato il Monumento equestre a Mussolini. Un episodio, questo, che dopo la morte di Graziosi getterà ombra sulla futura vicenda critica. Gli anni trenta vedono un’ulteriore affermazione dell’artista, che continua a prendere parte a importanti occasioni espositive quali le Quadriennali di Roma (1931, 1935 e 1939) e la prima Esposizione nazionale d’Arte sportiva organizzata nel 1936 dal Comitato olimpionico nazionale Italiano al Palazzo delle Esposizioni di Roma. Tra il 1931 e il 1938 realizza a Modena La fontana dei due fiumi e quella del mercato coperto di via Albinelli. Accanto a questo tipo di produzione si segnalano sculture caratterizzate da una maggiore enfasi espressionistica quali Il San Cristoforo (Modena, Museo Civico d’Arte) e L’estasi di San Gerolano (Raccolta Assicoop Modena – Unipol). Nel 1936 viene nominato Cavaliere dell’Ordine della Corona d’Italia e acquista il Castello di Maranello, dove fissa la sua residenza estiva e allestisce lo studio nella chiesa annessa trasferendovi anche la gipsoteca. Al 1941 risalgono le personali organizzate alla XXII Esposizione Internazionale di Venezia e alla Galleria del Milione a Milano, la prima, questa, di soli disegni. Muore a Firenze il 2 luglio del 1942. Il 30 settembre viene commemorato a Maranello da amici, colleghi e autorità tra i quali Ardengo Soffici e Felice Carena. Determinanti per la vicenda critica del Graziosi saranno la mostra allestita nel 1963 in Palazzo Strozzi a Firenze e l’approfondito studio sull’artista condotto da Gabriella Guandalini nel primo catalogo dedicato alla Gipsoteca Graziosi del Museo Civico d’Arte, recentemente aggiornato, e gli interventi di Francesca Petrucci che ne chiariscono la posizione nel più ampio contesto della situazione figurativa nazionale ed internazionale.

Riferimenti bibliografici
Artisti modenesi…1936; Attività…1936; Guandalini 1984; Giuseppe Graziosi…1994; Petrucci 1995; Petrucci 1996; Graziosi a Maranello…1997; Petrucci-Vespignani 1998; Petrucci 1998; Piccinini – Rivi 2001; Corrado 2002; Giuseppe Graziosi…2003; Morandi 2006, pp. 87-95; Canova – Piccinini 2007 (con bibliografia precedente); Piccinini – Stefani 2007

(Cristina Stefani, 2008)