Ferrara, 1851 – 1910
Nato a Ferrara nel 1851, Luigi Legnani dimostra fin da giovanissimo una spiccata inclinazione per il disegno. Dal 1864 risulta iscritto alla scuola civica d’arte istituita nel palazzo dei Diamanti, dove segue i corsi di Figura di Girolamo Domenichini e di Ornato di Giovanni Pividor. Cinque anni dopo frequenta quello di Scultura tenuto da Angelo Conti. Nel 1872 gli viene riconosciuta la medaglia di bronzo per una copia tratta da una statua in gesso, il primo premio lo ottiene invece il compagno di scuola Gaetano Previati. Nel 1876 arriva la medaglia di argento per un saggio dal vero al corso di Pittura e Nudo diretto da Giovanni Pagliarini. Da questi docenti, artisti attivi non solo localmente, riceve una solida base accademica e tramite Conti, virtuoso del marmo, coglie “alcune eleganti suggestioni del Purismo romano, tra Thorvaldsen e Tenerani” (Scardino 2005, p. 33).
Su insistita richiesta di Legnani, la Provincia di Ferrara nel 1877 elargisce un sussidio a lui e a Giuseppe Mentessi per proseguire gli studi, che verrà reiterato per agevolare il loro soggiorno a Milano assieme a Previati. In seguito alla morte di Conti e creatosi un vuoto nell’insegnamento delle materie plastiche a Ferrara, sceglie nel 1878 l’Accademia di Brera per perfezionare l’arte, anche perché il capoluogo lombardo dopo l’Unità d’Italia è oramai riconosciuto centro artistico alternativo a Roma. Qui il ferrarese segue le lezioni di Francesco Barzaghi, scultore che diventerà un importante riferimento per il suo futuro artistico. Dalla Provincia di Ferrara ottiene un nuovo emolumento che gli consente di presentare alla Esposizione industriale di Milano (1881) un’opera a grandezza naturale, raffigurante una giovane donna intenta a suonare la gironda. Molto apprezzata per la morbidezza del modellato e per la resa luministica, la scultura è una conferma della influenza di Barzaghi.
Dopo questa mostra, Legnani rientra a Ferrara, avviando un intenso lavoro per la decorazione monumentale della Certosa. Esordisce nel contesto funerario scolpendo nel marmo bianco i ritratti dei fratelli Giovanni e Angelina Borsari entro medaglioni, collocati nel 1883 nell’arco certosino dedicato alla famiglia. Seguono i medaglioni di Adelisia Ravalli e di Francesco Carnevali, che dimostrano la peculiare caratterizzazione espressiva.
Grazie alla Deputazione Provinciale di Ferrara, riceve anche le prime committenze pubbliche: il busto in marmo di Garibaldi, collocato nella Sala del Consiglio, la cui accurata esecuzione e la buona verosimiglianza gli procurano a stretto giro il ritratto di Cavour.
In questa fase consolida rapidamente la sua attività nella decorazione sepolcrale, offrendo un linguaggio aggiornato tra “il Purismo degli allievi di Tenerani e la vena realistica un po’ algida dei fecondi Torreggiani e Zuffi” (Scardino 2005, p. 33). Nello stesso tempo decide di ritagliarsi un ruolo non secondario anche nella ritrattistica della locale classe borghese e professorale. In tale contesto, si ricorda l’effigie di Malvina Montanari, moglie scomparsa nel 1881 del collezionista Antonio Santini, quella di Alberto Zaina bambino nel 1885, figlio del farmacista e proprietario terriero Aldo Zaina (Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea di Ferrara); l’anno dopo realizza il busto del medico Carlo Grillenzoni posto nel Teatro anatomico di Palazzo Paradiso.
Tra il 1884 e 1885 licenzia uno dei capisaldi della sua produzione: la tomba per la contessa Clarina Avogli Trotti in marmo di Carrara. Lodata anche da Augusto Droghetti, segretario della società promotrice delle arti “Benvenuto Tisi da Garofalo”, l’opera con la figura intera della Preghiera si distingue per l’armonia compositiva, la resa del modellato e dei dettagli, la valorizzazione delle stoffe e dei pizzi. Entra in scena l’abilità di Legnani nel restituire con una personale cifra stilistica le regole accademiche, ma anche le intuizioni scaturite dagli esempi coevi tra Parigi, Roma e Firenze e dal repertorio neoclassico. La riuscita sintesi del sepolcro Avogli Trotti, costruita sul virtuosismo tecnico-formale e la compostezza espressiva, verrà replicata in quelli Chiarabelli, Guerini e Magnani, senza raggiungere però tale livello (Scardino 2005, pp. 54-56).
Dal 1886 tiene la cattedra di scultura presso la civica scuola d’arte, formando alcuni fra i migliori scultori del Novecento ferrarese: Arrigo Minerbi, Mario Sarto, Giovanni Pietro Ferrari, Giuseppe Virgili e Annibale Zucchini. L’anno seguente partecipa alla V Esposizione Nazionale Artistica di Venezia con un’effigie di “piccolo marinaio”, “inseribile in una produzione alquanto vasta di giovinetti, mozzi vivaci e pittoreschi” a cui si può avvicinare “il Piccolo marinaio in marmo esposto a Bologna nel 1888, nell’ambito di una grandiosa mostra allestita nella ricorrenza del VII Centenario dell’Università felsinea” (Busto di ragazzo (Piccolo marinaio), 1887, collezione Assicoop; si veda Scardino 2005, pp. 69-70).
Dal 1882 è anche socio della Benvenuto Tisi, ma tra la fine degli anni Ottanta e i primi del decennio successivo la società ferrarese entra in seria crisi. Si è accesa difatti una diffusa insofferenza per la carente organizzazione, che spinge Legnani e i colleghi Enesto Maldarelli, Ambrogio Zuffi, Giuseppe Mazzolani, Medini e i due fratelli Longanesi a inviare nel 1892 una polemica lettera di dimissioni ai giornali e a costituire prontamente il Circolo Artistico Ferrarese. Dopo la rassegna presso la sala del teatro di Piazza Sacrati (1893), l’esperienza del Circolo fallisce però in breve tempo. Così, dal 1894 riprende a esporre per la Permanente organizzata dalla Tisi: nell’ambito del centenario tassesco, ai Diamanti, ad esempio, è presente con il busto del Tasso (1895; Biblioteca Ariostea di Ferrara), replicato per Galeazzo Massari (ora nella sede dell’Archivio di Stato).
Risale all’anno prima la tomba Frabetti (ora Sturla Avogadri), considerata una delle testimonianze alte della sua produzione funeraria con il “motivo architettonico ed escatologico della porta semiaperta nonché l’urna velata sulla cimasa”. Probabile modella per la figura femminile è la moglie Elisa Piombelli, ripresa successivamente in un bello e malinconico ritratto marmoreo (1897). In mezzo a questi lavori, si deve ricordare la tomba di Guglielmo Lattuga (1896), la cui personificazione dell’Industria, in posa un po’ leziosa, ha suscitato alcune controversie (Scardino 2005, pp. 158-164).
Il Novecento si apre con una commessa pubblica, ossia il busto di Vittorio Emanuele III per l’Aula Consiliare della Provincia, allora sita nel Salone dei Giochi nel Castello Estense (opera perduta). Si sono invece conservati i due busti dell’erudito ferrarese Antonio Frizzi: in marmo presso la Sala dei Matrimoni del Municipio e in gesso nella nuova sede dell’Archivio Storico di Ferrara.
Un certo revival barocco caratterizza l’impianto del monumento dedicato a Francesco Poli, morto nel 1898. Qui, seguendo il gusto eclettico tipico dell’età umbertina, combina il busto di Cristo, simile a quello del maestro Conti nella tomba Santini, con il sarcofago in stile neo-quattrocentesco.
Nel 1901 è tra gli artisti della collettiva ai Diamanti con Ave Maria in marmo e due medaglioni, in scagliola e terracotta, raffiguranti Giuseppe Verdi da poco scomparso. Seguiranno diverse repliche del grande compositore, forse da intendersi come propedeutiche alla versione marmorea presentata al concorso del Comune, vinto poi da Gaetano Galvani. Di lì a poco, nell’atrio del teatro comunale Legnani espone invece il busto di Girolamo Frescobaldi.
Dopo il sepolcro di Anna Barillari-Cavalieri (1905-1907), che riscontra di nuovo largo consenso e positive recensioni, Legnani risulta nella commissione giudicatrice per il monumento dedicato a Giuseppe Garibaldi (1907; sito nei “Giardini 20 e 29 maggio 2012” di viale Cavour): concorso che sarà aggiudicato al cesenate Tullio Golfieri, residente a Bologna.
In questi ultimi anni collabora inoltre con l’associazione Ferrariae Decus, fondata nel 1906 da Giuseppe Agnelli per promuovere e tutelare il patrimonio storico-artistico di Ferrara e provincia. Infine, si segnala l’incerta attribuzione del medaglione marmoreo raffigurante il profilo di Ludovico Ariosto, tratto dalla xilografia su disegno di Tiziano per l’edizione dell’Orlando Furioso del 1532 (Biblioteca Comunale Ariostea).
Riferimenti bibliografici: Roda e Sitti 1985; Scardino e Torresi 1998; Scardino 2005.
(Lorenza Roversi, 2023)