MALATESTA NARCISO

Venezia, 1834 – Sassuolo (Modena), 1896

Figlio del pittore Adeodato, nasce a Venezia il 26 ottobre 1834; si forma all’Accademia di Belle Arti di Modena per poi perfezionarsi a Firenze con Benedetto Servolini. Accede quindi all’insegnamento artistico, in qualità di docente di Disegno d’ornato e topografico, nella Scuola di fanteria modenese. La sua produzione va valutata nel mutato clima post-unitario, col conseguente mutamento nelle dinamiche di mercato. Dissolta la corte austro-estense, il mercato si amplia notevolmente, di pari passo con l’allargamento dei confini, ma al tempo stesso viene a cadere la protezione paternalista che la famiglia ducale aveva sempre assicurato agli artisti. Narciso decide pertanto di muoversi in diversi ambiti, da un lato egli rimane legato alla bottega paterna, ancora in grado di attirare una notevole quantità di commissioni importanti, dall’altra si inserisce direttamente sul mercato, attraverso la partecipazione a un gran numero di esposizioni. La collaborazione alle opere del padre lo porta a una continua riflessione sullo stile del genitore, cosa che avviene certamente per il S. Giorgio del 1869, a Ganaceto, e per il completamento del Martirio dei SS. Nazario e Celso a Vignola nell’82. Proprio la vicenda di quest’ultima opera aiuta a capire le scelte di Narciso: dapprima era stata affidata ad Adeodato il quale però, per un problema di salute, presto si era trovato nell’impossibilità di eseguirla; la scelta di far realizzare la parte restante al figlio Narciso comportò una netta decurtazione della retribuzione pattuita. Questa disparità di credito portò Narciso a fare più volte un uso disinvolto dei modelli paterni, come nella Fruttivendola (Raccolta Assicoop Modena – Unipol), opera del ‘74, nella quale riprende in maniera letterale Fruttajola (La rivendugliola), dipinta dal padre nel 1852 (Bologna, collezione privata), allargando tuttavia il campo per fare posto ad una scena di genere. Anche nella ritrattistica la collaborazione dei due fu verosimilmente stretta, tanto che da un comune modello seicentesco Narciso trae l’elemento nobilitante della loggia, parzialmente occlusa dal tendaggio vermiglio, che fa da sfondo al Ritratto di gentiluomo con cilindro (Raccolta Assicoop Modena – Unipol), del 1876. Solo l’atteggiamento nei riguardi della fotografia permette di fissare delle differenze significative tra Adeodato, che risolve il confronto in senso maggiormente pittorico, e Narciso, il quale pare invece mettersi in competizione con la nitidezza descrittiva del mezzo, cui spesso fa ricorso. In questo senso si spiega la fine analisi del particolare nel Ritratto di Luigi Poletti del 1871 (Modena, Museo Civico d’Arte). Questa scelta stilistica, analogamente a quanto fa Albano Lugli nel corso degli anni ottanta, sembra imputabile proprio al diverso rapporto che Narciso intrattiene col nuovo pubblico borghese delle esposizioni, eventi ai quali partecipa assiduamente per tre interi decenni. Si giustifica pure in questo modo l’ampia produzione di soggettistica storica, dal Galileo Galilei, presentato all’Esposizione fiorentina del ‘61, e l’anno successivo alla Triennale modenese, al Giulio Cesare, riproposto in più occasioni a Ferrara: nel ‘75 alla mostra nazionale, nel ‘79 e ‘91 alle esposizioni della Società Benvenuto Tisi. Si ricordano poi ancora il Bonifacio Geremei ucciso dai Lambertazzi a Firenze nel ‘68, il Boccaccio bambino presentato a Dante dai Da Polenta l’anno seguente a Torino, e le tre opere presentate a Parma nel ‘70: Celestino Cavedoni, Il Varchi che legge le storie a Cosimo I e Isabella Orsini che insegna la musica al suo paggio. Nel 1872 partecipa all’Esposizione nazionale di Brera con diversi quadri, tra i quali un interessante soggetto pompeiano, e l’anno successivo invia quattro opere a Vienna. Cospicua fu pure la produzione di nature morte, apparse più volte alle esposizioni ferraresi, così come alle Triennali della sua città; si ricordano in particolare i due esempi oggi conservati nella raccolta della Provincia di Modena, la quale possiede anche un singolare esempio di pittura sociale dell’artista, La zattera nelle valli finalesi, passata in esposizione nel 1866. Nella versatile produzione di Narciso si inseriscono poi altri generi: dal paesaggio del Castello di Spezzano (Modena, raccolta privata), alla copia, come quella della Carta del Cantino realizzata su commissione nell’82. La rivoluzione a Modena, nel 1880, mostra un esempio della produzione grafica dell’artista. In questo numero unico, cui collaborarono diversi artisti, Narciso firma alcuni disegni sui moti degli anni trenta: i ritratti degli esponenti della rivolta e gli ultimi loro istanti prima dell’esecuzione, secondo una retorica consolidata. Esula dalle vicende modenesi invece l’altro disegno pubblicato, Un Episodio della Rivoluzione greca del 1821, tema tuttavia di una certa fortuna nell’Italia pre-unitaria e già oggetto di una tela di Adeodato Malatesta nel ‘57. È infine da ricordare la partecipazione straordinaria di Narciso Malatesta alla commissione del concorso Poletti (Modena, Archivio Storico del Comune, Atti amministrativi, 1880, b. 948, Eredità Poletti), segno di un’evidente stima goduta negli ambienti accademici cittadini. Sul finire del secolo, il 26 settembre 1896, Narciso muore a Sassuolo, seguendo di pochi anni il padre.

Riferimenti bibliografici: L’Esposizione triennale…1877; Società d’incoraggiamento…1879; La rivoluzione a Modena…1880; Biblioteca Estense…1882; Asioli 1905, p. 257, nota 1; Martinelli Braglia, L’Ottocento…1990, pp. 45-46; Martinelli Braglia in Castelnuovo 1991, p. 894; Agosti (scheda) in Pinacoteca di Brera…1994, p. 440; Martinelli Braglia (a cura di) Ottocento e Novecento…1997, pp. 46-49; Torresi in Ariuli 1999, pp. 25-52.

(Tomas Fiorini, 2008)