MELECCHI PIETRO

Castelfranco Emilia (Modena), 1902 – Roma, 1996

Pietro Melecchi nasce a Castelfranco Emilia il 7 marzo 1902. L’anno successivo la famiglia si trasferisce a Bologna, dove Pietro compie i suoi studi e comincia a frequentare l’ambiente degli artisti cittadini. Un ambiente tuttavia piuttosto tradizionalista se, come confesserà in un’intervista molti anni più tardi, non ha mai modo di sentire il nome di Giorgio Morandi. Nel 1927, dopo essere divenuto architetto, si trasferisce a Roma e trova impiego prima presso gli studi di Giuseppe Vaccaro e Marcello Piacentini, poi presso la Bonifica di Littoria, con sede sempre nella capitale. Nel 1938, ormai stanco del lavoro impiegatizio, decide di dedicarsi all’insegnamento in modo da avere maggior tempo da dedicare alla passione per la pittura. Ben presto si trasferisce a Trieste per insegnare in un liceo scientifico, ma dopo la guerra, con la città occupata, preferisce ritornare a Roma accettando di insegnare presso la scuola media statale Tito Livio, dove continuerà a prestare servizio anche nei due decenni successivi, fino al pensionamento. In questa nuova veste mette a punto, nel corso degli anni, originali forme di didattica dell’arte, che gli varranno apprezzamenti importanti dal mondo della cultura, in particolare da Giulio Carlo Argan e Rudolf Arnheim, e dalle quali, nel 1973, trarrà origine anche una mostra costituita dagli elaborati degli allievi, esportata poi presso la sede Unesco di Parigi. La riflessione artistica di Melecchi si struttura all’indomani del termine della seconda guerra mondiale, quando il paese si apre all’arte contemporanea e ai movimenti di avanguardia della prima metà del Novecento. Il 1948 segna poi una tappa fondamentale nella carriera di questo artista nel momento in cui la partecipazione a due importanti appuntamenti espositivi lo pone al centro di una molteplicità di esperienze formali ad ampio raggio. È l’anno della prima Biennale veneziana del dopoguerra che segna il recupero dopo l’isolamento autarchico, ma è anche l’anno della Quadriennale romana, altro appuntamento irrinunciabile nella biografia del pittore, che vi prenderà parte fino al 1965. Alle Biennali, cui partecipa ben quattro volte, fino al 1956, presenta i temi portanti della sua ricerca di quegli anni: i fiori e i paesaggi, resi mediante un caratteristico processo di sublimazione delle forme contingenti, ma addolciti da una stesura pittorica dai toni lirici e spesso sommessi, portata avanti per campiture piatte e larghe. Questa consapevole riflessione sui modi del fare pittorico si nutre anche di una composizione razionalmente calibrata, riflesso, secondo la critica, della sua formazione di architetto e quindi della distanza appresa fra l’ideazione, la progettazione mentale, e la traduzione sul piano. Ma Melecchi è sorretto anche da una consapevolezza critica nei confronti del mondo circostante e questo lo porta ben presto a misurare la sua costruzione pittorica con le esperienze informali, come paiono segnalare le composizioni astratte, ma pittoricamente concrete, che caratterizzano sempre più la sua pittura dalla fine degli anni Cinquanta. Una nuova, radicale, svolta Melecchi la compie alla metà degli anni Settanta quando, dopo un periodo di silenzio artistico durato cinque anni, comincia a lavorare con la macchina fotografica, interessandosi alle potenzialità insite nel nuovo mezzo.
I riconoscimenti alla sua ricerca vengono dalle numerose esposizioni, anche internazionali, cui viene spesso invitato: spicca “Nuove tendenze dell’arte italiana”, organizzata nel 1958 a Roma da Lionello Venturi per la Roma – New York Art Foundation. Saranno significative anche le diverse premiazioni: la vittoria ad esempio del concorso nazionale per una vetrata artistica per la nuova sede dei Monopoli di Stato, nel 1964, o la medaglia d’oro come benemerito dell’Arte, della Cultura e della Scuola conferitagli dal Presidente della Repubblica nel 1973. Dopo avere dedicato gli ultimi anni della sua vita in maniera pressoché esclusiva alla fotografia, Pietro Melecchi si spegne a Roma, città che ha da sempre amato, il 19 luglio 1996.

Riferimenti bibliografici: Siniscalco 1983; Pietro Melecchi…1985; Fuoco 1993, pp. 103-104; C. Siniscalco 1994; Fuoco 2001.

(Tomas Fiorini, 2013)