Ferrara, 1881 – Padova, 1960
Benché nato da famiglia ebraica, Arrigo Minerbi fu artista ampiamente attivo per la committenza cattolica, sia ecclesiastica che privata: è questo il caso dei nobili veneti Marzotto, per i quali lo scultore eseguì negli anni Venti la marmorea Annunciata, che ora si ammira nel Duomo di Portogruaro, e la più tarda Pietà, posta nel 1936 nella cappella Marzotto a Valdagno. Quest’immagine, intrisa di un sottile “realismo magico” e di una intelligente rilettura di Michelangelo (si pensi soprattutto al volto giovanile di Maria nella Pietà vaticana), incontrò un particolare consenso, tanto che Minerbi ne ricavò copie e derivazioni frammentarie, eseguite in materiali diversi. Isolando la testa della Vergine, l’artista realizzò ad esempio la cosiddetta Mater Dolorosa in pietra di Sarnico (Ferrara, Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea), la marmorea Madonna, attualmente a Ro nella Fondazione Cavallini Sgarbi, e, per l’appunto, questa testa mariana, proveniente da una collezione milanese e pervenuta nella raccolta Assicoop Modena&Ferrara grazie all’antiquario Sergio Baroni. Si tratta di una delle rare incursioni di Minerbi nel campo della ceramica: altro esempio è il neo-robbiano San Francesco presso la collezione Borea di Ferrara. Rispetto agli altri esemplari, l’altezza della ceramica risulta ridotta (cm 34 anziché 45) mancando l’inizio del busto con il motivo del velo che ne fascia la testa. L’iconografia mariana fu coltivata da Minerbi anche nella Madonnina dell’Ulivo (1935 Milano, Casa Nodari), nel Mistero dell’Assunta (1939-40 Milano, chiesa di S. Maria delle Grazie), nella gigantesca Madonna di Roma (1952 Roma, colle di Monte Mario), una cui replica, di minori dimensioni, è nel campanile della parrocchiale di Copparo.
Stimolato forse dalla moglie Malvina Benini, fervida cattolica, che presumibilmente lo convinse ad abiurare la religione ebraica, stimatissimo da vari ordini conventuali ma anche dall’arcivescovo di Milano e da papa Pacelli, lo scultore ferrarese sino all’ultimo operò per le chiese di tutta Italia, da Pescara a Padova, da Tortona a Rapallo, anche se i suoi capolavori si trovano a Milano (la prima porta del Duomo, inaugurata nel 1948) e a Oslo (L’Ultima Cena, grandioso gruppo in argento posto nella cattedrale). Minerbi era stato tuttavia uno scultore ampiamente laico, specie fino ai cinquanta anni di età. Compiuti i primi studi nella civica Scuola d’Arte di Ferrara e presso l’Accademia di Firenze, vissuto a lungo nella Genova simbolista della belle epoque, divenne lo scultore ufficiale di Gabriele D’Annunzio negli anni del suo estremo soggiorno a Gardone, ove si rintracciano vari suoi ritratti (celeberrimo è quello di Eleonora Duse, perennemente ricoperto da un velo), nonché la Vittoria del Piave nel pilone d’ingresso. Questa scultura, ispirata forse alla fisionomia dell’attrice Lyda Borelli, innestata su un corpo nudo di Nike, “prigioniera” e sensualissima, fu replicata da Minerbi come monumento ai caduti a Ferrara e a Cuggiono. Copie di dimensioni e tecnica diversa si ritrovano a Milano, presso il Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia “Leonardo Da Vinci”. Altre opere di committenza civile sono a Firenze (monumento al Medico caduto in guerra), a Trento (il Trittico del Battisti presso il Castello del Buon Consiglio), a Bondeno (la Vedova di guerra, detta popolarmente la Carlotta), a Ferrara (il Po e i suoi affluenti, per l’Acquedotto comunale), nonché rilievi di soggetto medico eseguiti per alcuni ospedali di Roma, Milano e di Ferrara.
Minerbi aveva esordito come modellatore di gusto squisitamente liberty, collaborando a Ferrara con il correligionario architetto Ciro Contini (i cementi di Villa Melchiori, i padiglioni in stucco della “Mostra delle Bonifiche” del 1910, la tomba dell’Onorevole Cavalieri nel cimitero israelitico). Coevi e perduti sono gli ornati per il Caffè “Parisina” di Ferrara, dei quali sopravvive Il bacio di Ugo e Parisina in collezione privata, gustosa rimeditazione in chiave neo-estense degli stilemi di Rodin.
Un importante nucleo delle sue opere l’artista ha donato negli anni Cinquanta al Comune di Ferrara.
Riferimenti bibliografici: Minerbi 1955; Scardino 1998; Grasso 2010; Minerbi 2011; Scardino (scheda) in Di Natale 2018, pp. 340-341.
Lucio Scardino (2019)