Ferrara, 1840 – Roma, 1902
Nato a Ferrara nel 1840 e residente a Roma dal 1847, Prospero Piatti avvia la sua formazione artistica in Vaticano, tra i grandi esempi di Raffaello e di Giovanni da Udine. Difatti, il padre avvocato riesce a inserirlo tra gli apprendisti del concittadino Alessandro Mantovani, già dagli anni Cinquanta responsabile con Nicola Consoni e lo scultore Pietro Galli della decorazione del terzo braccio delle Logge Vaticane e del restauro delle opere cinquecentesche. Si tratta del significativo inizio di un percorso artistico che porterà il ferrarese a seguire le lezioni di Tommaso Minardi all’Accademia di San Luca e a sperimentare, seppur per un breve periodo, le figurazioni ispirate ai “primitivi” presso lo studio di Friedrick Overbeck.
È una formazione intrisa dei modelli raffaelleschi, della inventiva delle grottesche e della purezza misterica dei nazareni, che troverà un saldo e duraturo riferimento nella collaborazione con gli architetti. Innanzitutto con Francesco Fontana che gli procura nel 1865 la prima importante commessa per i monaci benedettini di San Paolo fuori le Mura, ossia la decorazione della cappella del coro con le storie di Gregorio VII.
La sua prima opera pubblica si inserisce così nel vasto programma politico culturale dello stato pontificio e che ha come fulcro il cantiere della basilica “papale” nella riscoperta e valorizzazione delle radici cristiane.
Nella seconda metà degli anni Sessanta raggiunge, dunque, una collocazione rilevante tra i pittori al servizio della Curia pontificia. Tra i suoi impegni, si registra a Roma la decorazione della Cappella delle Reliquie nel palazzo di Sant’Apollinare (1868) e della volta della cappella del Sacro Cuore in Santa Maria sopra Minerva. Inoltre, si occupa di apparati effimeri per le più importanti celebrazioni vaticane. Tra queste, il 29 giugno 1867 viene officiata la canonizzazione di venticinque beati, tra cui Leonardo da Porto Maurizio e i diciannove martiri di Gorcum. Per l’occasione la basilica di San Pietro è magistralmente addobbata seguendo il “Concetto Generale” del Fontana con “trine d’oro”, festoni floreali e stendardi illustranti le gesta dei nuovi santi. A Piatti vengono commissionati i due paramenti cardine dal punto di vista ecclesiale e teologico: il Tributo di ammirazione di tutti i popoli alla tomba del primo vicario di Cristo sopra la porta di ingresso principale della basilica e la Gloria della Trinità che sovrasta la Cattedra di San Pietro (si veda Descrizione delle decorazioni ideate dall’architetto cav. Fontana e dei dipinti della basilica vaticana pel centenario di S. Pietro e per la santificazione dei 25 beati. Epigrafi latine disposte nel portico e nell’interno del tempio, Roma 1867).
Piatti non opera solo in ambito religioso: al 1870 risale la decorazione sul soffitto del salone da ballo di Palazzo Gottifredi Grazioli in via Plebiscito. Vincenzo Grazioli, acquisito da Pio IX il titolo di duca di Santa Croce di Magliano, incarica nel 1838 Antonio Sarti di progettare il radicale restauro e ampliamento del palazzo romano. Piatti, mettendo in scena i Fasti dei Grazioli, esalta ulteriormente il prestigio del nuovo status aristocratico.
Dopo un’altra trasformazione architettonica, Piatti subentra probabilmente a Sarti presso villa Costaguti Torlonia a Porta Pia. Sempre nei primi anni Settanta, il ferrarese dipinge il Ringraziamento di Mosè dopo il passaggio del Mar Rosso e Mosè e l’erezione del serpente di bronzo nel braccio destro del Quadriportico del Cimitero del Verano.
Tra il 1873 e il 1877, con Giuseppe Mari e Guglielmo Ewing realizza soggetti tratti dalle catacombe di San Callisto e Santa Domitilla nella cripta della basilica dei Santi Apostoli a Roma. È uno dei tanti interventi programmati nell’ambito del revival paleocristiano, fortemente sostenuto da Pio IX anche alla luce delle recenti ricerche di Giovanni Battista de Rossi, fondatore dell’archeologia cristiana. In linea con la ricostruzione storica del primo cristianesimo, in questo lasso temporale sono inoltre ascritte le pitture da cavalletto La vedova del martire e Sinite parvulos venire ad me (quest’opera presentata nel 1876 alla Esposizione degli amatori e cultori di belle arti di Roma e acquistata da un collezionista cileno; cfr. Illustrazione italiana 1876, pp. 248- 249).
Tre anni dopo ritorna nella sua Ferrara grazie alla importante commessa del Capitolo del Duomo, impegnato in un generale riassetto decorativo sotto la guida di Alessandro Mantovani e di Virginio Monti tra il 1880 e il 1890. Si tratta di una grande tela con il Battesimo nel Giordano (riprodotto in “Illustrazione italiana” 1879, pp. 280-281). Prima di approdare nella Cappella del Battistero, incorniciata da una ancona neogotica disegnata nel 1875 da Luigi Crivellucci, la pala viene esposta nel Salone dell’Arcadia di palazzo Altemps a Roma: “è uno di quei lavori che non accade veder tanto spesso, e che riportano la mente alle bibliche tradizioni, per le quali il Piatti ha un intuito speciale […] una scena idealizzata, ma non per questo meno verosimile. Quanta vaghezza, quanta varietà, qual contrasto di luce […]” (ivi, p. 278).
Anche gli anni Ottanta sono professionalmente frenetici per Piatti: dal 1881 lavora con Virginio Monti nel presbiterio del Santuario della Madonna del Buon Consiglio di Genazzano (Roma); l’anno successivo affianca Annibale Brugnoli nella decorazione del villino Hüffer in via Nazionale, realizzando sul soffitto della sala da gioco la molto apprezzata Allegoria della fortuna. Tra il 1883 e il 1885, di nuovo per il santuario di Genazzano, esegue interessantissimi affreschi che narrano con sintesi originale la tradizione dell’iconografia mariana: Partenza dell’Immagine della Madonna del Buon Consiglio da Scutari, la sua Venuta miracolosa a Genazzano e, infine, L’incoronazione della Immagine da parte del Capitolo Vaticano. Queste opere sono ritenute testimonianze dell’ultima grande pittura sacra romana del XIX secolo.
Nel frattempo il Comune di Roma assegna al pittore ferrarese, forse con la mediazione di Leopoldo Torlonia, sindaco e suo committente per la decorazione di palazzo Núñez-Torlonia, l’esecuzione del Ritratto di Umberto I (1884-1886), da esibire nella Sala dei matrimoni in Campidoglio (ora nella Galleria d’Arte Moderna di Roma Capitale).
Nel 1892 presenta Il dì delle Ceneri alla LXIII Esposizione degli amatori e cultori e contemporaneamente inizia a dedicarsi al genere neopompeiano, licenziando una cospicua serie di dipinti “caratterizzati da grande finezza di dettaglio e cura filologica nella ricostruzione delle scene. Alcuni sono di medio formato, dal contenuto feriale, più in linea con le declinazioni romane del genere – ad esempio di Roberto Bompiani o Cesare Mariani – come gli Interni pompeiani (1891, già Christie’s); altri sono di grandi dimensioni, concepiti come vere e proprie macchine teatrali, legati a importanti avvenimenti storici e in parte riecheggianti Alma-Tadema” (Piccioni 2015).
Non è del tutto da escludere che nell’ultimo decennio del secolo realizzi i due piccoli dipinti o bozzetti raffiguranti Luigi Poletti presenta il modello della Colonna dell’Immacolata a Pio IX e Luigi Poletti illustra alcuni progetti architettonici a un cardinale (Raccolta Assicoop), ossia due episodi relativi alla carriera dell’insigne esponente modenese della architettura “purista” e della trasformazione di chiese paleocristiane o medievali nel XIX secolo. Queste telette sono vicine come impostazione agli affreschi con Poletti mostra a papa Pio IX e ai dignitari della corte pontificia la ricostruzione della basilica di S. Paolo fuori le mura distrutta nell’incendio del 1823 e Poletti spiega ai Conservatori di Rimini il suo progetto per la costruzione del nuovo teatro di quella città. Eseguite da Umberto Ruini dopo essersi aggiudicato il concorso nel 1900, queste scene decorano, insieme alle due allegorie dell’Arte e della Scienza, l’atrio della Galleria Poletti nel Palazzo dei Musei di Modena (Biblioteca civica d’arte e architettura “Luigi Poletti”).
Piatti consegue un notevole successo nel 1899 al Salon di Parigi con I funerali di Giulio Cesare (1898), tant’è che nel 1901 vi ritorna presentando Catone alla festa dei Floralia a Roma (1900). La tecnica impeccabile, la suggestiva resa luministica, la calcolata regia di queste dinamiche composizioni sono il frutto di talento, formazione accademica e rigorosa pratica. Scorrendo il catalogo di Piatti si rileva l’abilità nel restituire accurate narrazioni di ambientazione realistica, storica o esotica, non rinunciando a brani di inaspettata sintesi formale. Considerati i suoi capolavori, entrambi i dipinti presentati al Salon parigino sono stati acquistati dal diplomatico cileno Augusto Matte Pérez intorno al 1901 e dal 1936 fanno parte della collezione del Museo Nacional de Belles Artes di Santiago, in deposito presso la Biblioteca Nacional de Chile.
Sotto il lungo pontificato di Pio IX, Piatti è stato uno dei pittori più richiesti nell’ambito della vasta renovatio, ma nonostante la brillante carriera morirà il 15 luglio 1902 in solitudine e precarie condizioni economiche.
Riferimenti bibliografici: L’Illustrazione italiana 1876 (13 febbraio); L’Illustrazione italiana 1879 (2 novembre); Piccioni 2015; Piccioni 2016.
(Lorenza Roversi, 2023)