Modena, 1858 – Roma, 1918
Federico Schianchi nasce a Modena il 6 ottobre 1858 da Ludovico Schianchi e Matilde Baroni. La sua formazione artistica avviene all’interno dell’Istituto modenese di Belle Arti, al quale risulta iscritto dalla metà degli anni settanta. Nell’istituto modenese, frutto in quegli anni del declassamento dell’Accademia di Belle Arti, le figure dominanti restano Antonio Simonazzi, titolare della cattedra di Disegno, e il pittore Ferdinando Manzini, che tiene i corsi di Ornato.
Il giovane Schianchi da subito non pare ricevere troppi apprezzamenti da parte del corpo docente e pochi risultano i riconoscimenti che gli arrivano nei numerosi concorsi interni: nel 1875 deve dividere il primo premio nel concorso di Elementi di figura con l’altrimenti poco noto Agostino Verzelloni, ma miglior fortuna ottiene cinque anni dopo quando, con Ricchezza e povertà (Modena, Istituto d’Arte Venturi), si aggiudica la borsa di studio di lire 207,23 prevista dal premio Magnanini. Come molti artisti tenta la strada delle esposizioni pubbliche: al 1876 si data la prima partecipazione alla Triennale, organizzata dalla Società d’Incoraggiamento; due anni più tardi presenta un “quadretto di genere” assegnato al Marchese Cesare Campori per la modesta somma di cinquanta lire. Nel 1880 partecipa per la prima volta al concorso Poletti di pittura (Modena, Archivio Storico del Comune, Atti di amministrazione, 1880, b. 948, Eredità Poletti), che per quell’anno prevedeva lo svolgimento di un saggio dal titolo Un gladiatore Reziario ferito nell’anfiteatro Flavio di Roma (Modena, Museo Civico d’Arte). L’artista, che partecipa con lo pseudonimo “Domiziano”, ottiene un lusinghiero secondo premio, dietro a Eugenio Zampighi. Nello stesso anno gli viene richiesto un disegno da inserire nella rivista La rivoluzione a Modena, pubblicata in un unico numero per celebrare l’erezione del monumento a Ciro Menotti, nell’odierna Piazza Roma. Il disegno che fornisce, I graffiti sui muri: W l’Italia, incarna la retorica dei moti risorgimentali come movimento popolare. Nel 1881 partecipa nuovamente all’Esposizione triennale con Sacrificio a Esculapio, ma è il 1883 a segnare la svolta per la carriera di Schianchi. A Modena, all’Esposizione Umoristica, presenta una tela ancora immersa nello storicismo romantico e dal sapore inconfondibilmente municipalistico, il Giovanni de’ Medici ospite della famiglia Rangoni nel 1512, affiancandola alle caricature sulla prima pagina della guida-catalogo; ma è a Roma che coglie nuove opportunità di sviluppo per la propria carriera: all’Esposizione nazionale ha modo di vedere la prima serie di acquerelli che Ettore Roesler Franz dedica agli angoli più pittoreschi della capitale. La fortuna di questa serie, già intitolata Memorie di un’era che passa, ma meglio nota oggi come Roma sparita, è immediata e impressionante; spinto dall’entusiastica accoglienza del Gregorovius, il Comune di Roma decide di acquistarla in blocco per l’esorbitante cifra di diciottomila Lire. Tornato a Modena Schianchi tenta nuovamente il concorso Poletti, che gli avrebbe aperto la strada per la capitale, ma questa volta il suo saggio, il Sassolo de’ Sassoli, non ottiene alcun riconoscimento (Modena, Archivio Storico del Comune, Atti di Amministrazione, 1884, b. 10, Eredità Poletti) e Schianchi, dopo dure polemiche con la direzione dell’ultima Triennale, decide di abbandonare la città. Così nel 1887 tenta la strada di Roma, dove, sull’esempio di Roesler Franz e di tanti altri, si dedica alla realizzazione in serie delle vedute più celebri della città antica. La realtà romana era alquanto diversa da quella della piccola città padana, vi operava una vivace società di acquerellisti e il nascente turismo culturale assicurava un ampio bacino di lavoro per chi fosse stato disposto ad assecondarlo. Il modello proposto dal Roesler Franz era tutt’altro che innovativo ma affondava le radici nel vedutismo settecentesco di Gaspare Vanvitelli, di cui erano ben visibili alcuni piccoli olii nella Pinacoteca Capitolina. Veduta romana con Castel Sant’Angelo di Schianchi mostra la rielaborazione del modello settecentesco alla luce degli esempi più recenti con cui condivide, oltre ai più immediati dati tecnici, anche un gusto sintetico che mette insieme la Roma antica con la capitale della cristianità, al servizio delle esigenze turistiche. La veduta gode ancora, nonostante la maniera un poco secca e trascurata del modenese, di un certo pittoricismo, il quale andrà via via perdendosi per una definizione sempre più precisa e analitica del particolare architettonico, certamente sulla spinta della diffusione delle riprese fotografiche. La fotografia d’altronde è alla base del lavoro di questi artisti, come è ben documentato per Roesler Franz e come sta a dimostrare l’esatta ripetitività delle inquadrature in opere che vengono da mani differenti. Si vedano in questo senso l’acquerello di F. Bianchini, Colonnacce (Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna) che condivide il soggetto con un olio dello Schianchi, ma anche la Veduta del Foro romano, con la ripresa che spazia dalla Basilica dei SS. Luca e Martina agli archi di trionfo, esattamente come nell’opera di J. Martin del 1860. Schianchi non farà più ritorno nella sua città e a Roma chiuderà la propria carriera il 28 dicembre del 1918.
Riferimenti bibliografici: Tosi Bellucci 1881; Ancora dell’Esposizione… 1885; Bellei – Pecoraro 1996, p. 29; Martinelli Braglia (scheda) in Ferriani 1998, pp. 254-256; Stefani in Piccinini – Rivi 2001, pp. 105-117; Rivi 2007, p. 45; Fiorini (scheda) in Rivi 2007, p. 73.
(Tomas Fiorini, 2008)