Silvestro Reggianini
(Modena, 1794-1878)
“Emulo di Antonio Begarelli”, il topos encomiastico che contraddistingueva l’operosità artistica di Silvestro Reggianini, può riferirsi a pieno titolo anche al suo processo formativo presso la “Reale Accademia Atestina di Belle Arti” durante il primo decennio della Restaurazione. Vi concorreva in primo luogo la presenza in loco dei numerosi gruppi statuari del grande maestro rimossi con decreto del 1797 dai siti urbani d’origine, custoditi dall’accorto presidente Luigi Cerretti affiancato dal direttore Giuseppe Maria Soli in quella sorta di straordinario museo, virtuale Begarellianum secondo l’acuta analisi di Massimo Ferretti (1992). Al fascino recepito dal giovane allievo si coniugava nondimeno la lezione del docente e scultore di corte Giuseppe Pisani, dal 1822 direttore dell’Accademia, fedele interprete nelle numerose sue opere marmoree dello stile classico sulle orme di Canova.
Fin dagli esordi Reggianini, impegnato in particolare nei settori del disegno e dell’arte plastica, frequenta con ottimo profitto lo Studio del Nudo e, unico allievo, lo Studio della Scultura. Ottiene lusinghieri successi con la mostra al termine dell’anno scolastico 1820-1821, tanto da meritare anche il premio di incoraggiamento di cinque zecchini (ASMo, IAV, b.3). Pisani, suo esimio protettore, gli affida a stretto giro il compito di plasmare una grande aquila da porre nella Sala delle premiazioni dell’Accademia (ASMo, Archivio Boccolari, b.8) nella nicchia adibita a ospitare il Busto del duca Francesco IV (1822), primo esemplare della cospicua serie con cui lo scultore apuano intendeva onorare l’amato sovrano. Inoltre elencando i propri lavori eseguiti a Modena cita, caso unico, “i Basso-rilievi che adornano l’esterno e l’interno della Porta Bologna di Modena, ideati, e ricavati dall’antico, ed eseguiti dallo scolaro Silvestro Reggianini, ora aggiunto di Scultura”. Non solo, ma riserva all’allievo pure il raro privilegio di essere premiato dal sovrano in persona nella solenne cerimonia del 23 giugno 1823 unitamente a Luigi Mainoni e Bernardino Rossi, mediante la medaglia d’argento coniata a Vienna da Joseph Lang (ASMo, IAV, b.4). Infine, il 20 novembre dell’anno stesso Pisani lo nomina “Aggiunto alla Scuola di Scultura” quale maestro di Elementi della figura. Contemporaneamente, tre illustri studiosi – Cesare Galvani, Carlo Malmusi e Mario Valdrighi – si cimentano nella pubblicazione delle opere dei grandi artisti modenesi del passato, in primis di Antonio Begarelli, corredate da illustrazioni incise a semplici contorni. Il che dovette ulteriormente avvalorare in Reggianini il ricorso agli esempi formali nelle opere del grande maestro. Esempi che nel corso della sua produzione realizza con l’eleganza del fine modellato e dei particolari iconografici come, per citare alcune opere assai note, nel bassorilievo in terracotta del Museo civico d’Arte di Modena raffigurante San Geminiano con due putti che reggono la Ghirlandina e l’emblema comunale oppure in quello policromo di San Geminiano con putto nella chiesa della Beata Vergine delle Grazie, ambedue provenienti in origine da collezioni private.
In tale contesto l’opera plastica che gli conferisce maggiore rinomanza in area urbana è il San Marco Evangelista, insegna della farmacia Maissen nell’edificio del Bargello in Canalchiaro. Alla sua inaugurazione (1856) alcuni anonimi ammiratori apprestano un raffinato “attestato d’onore” con dedica “All’esimio plastico emulo ad Antonio Begarelli” corredato da una fotografia che lo ritrae seduto in rigida posa eretta, con lunga barba bianca e panciotto quadrettato e nell’occasione la nota poetessa modenese Teresa Bernardi Cassiani Ingoni gli dedica un sonetto elogiativo (BEUMo, Raccolta Ferrari Moreni, Famiglie Modenesi, Reggianini, b.95; ASCMo, Carte Spinelli, b.17).
Tuttavia, oltre i consueti rimandi begarelliani prediletti dalla committenza, nonché con ogni probabilità da un prospero mercato collezionistico, la produzione plastica di Silvestro Reggianini si dilata anche a istanze di resa naturalistica. Del tutto sorprendente è infatti il Ritratto virile finora sconosciuto e in attesa di una identificazione ad personam, sul cui piedistallo è inciso con grafia corsiva Silvestro Reggianini / fece/ anno 1842. Vi si coglie di primo acchito la notevole abilità con cui l’artista ha plasmato il gesso per una resa fisiognomica icastica nel risalto dei tratti marcati del volto, nelle solcature della fronte, nella cura della chioma e dell’abito di sobria eleganza, consegnando un testo di vitale risalto. Ne convince pure il confronto con coevi ritratti plastici di altra mano, avanzando al contempo l’auspicio di un nuovo rinvenimento in qualche collezione privata.
Nel medesimo anno 1842 Reggianini riceve l’incarico per un’impresa che conferma il suo largo credito. Narra il cronachista Luigi Sossaj, in occasione delle nozze del principe ereditario Francesco con Adelgonda di Baviera, che “ … il Gran Cortile del Reale Palazzo è stato negli scorsi giorni (…) ridotto ad un aspetto il più possibile maestoso, adornato il loggione superiore di statue eseguite in gesso da Silvestro Reggianini” e completato dagli ornati sulle porte di Luigi Righi (Sossaj 1842, p.80).
Dopo la morte di Pisani (1839) con la direzione di Adeodato Malatesta va maturando in Accademia un processo di rinnovamento sull’onda dell’originalità del sentimento individuale. Silvestro Reggianini, che aspira all’incarico effettivo della cattedra di Scultura, subisce una forte delusione per la nomina di Luigi Mainoni e avanza proteste con Malatesta. Partecipa comunque alla mostra del I Triennio (1845-1847) della “Società d’Incoraggiamento per gli Artisti di Modena e Reggio” e la sua statua in scagliola di Il Correggio viene acquistata ad alto prezzo. Ma nella vita quotidiana l’artista si comporta in modo inaccettabile, ne viene informato anche il Ministero dell’Interno e, come appare dal complesso carteggio, Malatesta è costretto ad ammonirlo, a sospenderlo temporaneamente e infine a pensionarlo (1851) (ASMo, IAV, b.9).
Tuttavia, la sua fama di “emulo di Begarelli” sembra non essere offuscata. Nel 1850 gli viene affidato il restauro dellaMadonna di Piazza, all’epoca nella sagrestia della chiesa del Voto, e sei anni dopo, come abbiamo già segnalato, il San Marco Evangelista. Secondo quanto narra il pittore Antonio Simonazzi (1824-1908) nel suo vivace “Promemoria da ricordo”, dopo il pensionamento l’artista continuò a lavorare in casa dell’avvocato Mariano Pera e realizzò parecchie opere per chiese cittadine e del territorio (ASCMo, Carte Spinelli, b.17). Osserva infine che “alcune sue opere plastiche sono così ben modellate che furono anche da intelligenti giudicate per opere del sommo Begarelli”, tanto da creare problemi identificativi di ardua soluzione.
Riferimenti bibliografici
Pisani 1835, p.6; Canevazzi 1914, p.35; Bonsanti 1992, p.244; Ferretti 1992, pp.11-12; Rivi 1995, pp.22, 29, 30,32; Mancini 1997, p.97; Righi Guerzoni 1997, pp.172-173
Riferimenti archivistici
BEUMo: Modena, Biblioteca Estense e Universitaria
ASCMo: Modena, Archivio Storico Comunale
ASMo, IAV: Modena, Archivio di Stato, Fondo Istituto d’Arte “A. Venturi”
Lidia Righi Guerzoni (2023)