VERNO CAMILLO

Campertogno (Vercelli), 1870 – 1942

Si hanno poche notizie della carriera di Camillo Verno, il quale già pochi anni dopo la morte appare completamente dimenticato. Certi sono i dati di nascita dell’artista che vede la luce a Campertogno, nel cuore della Valsesia, il 5 ottobre 1870. La zona era da secoli caratterizzata da una solida tradizione di botteghe artistiche dedite per lo più alla scultura lignea e organizzate su base familiare. Questa lunga tradizione aveva fatto si che all’inizio del XIX secolo a Varallo, il centro più importante della valle, fosse fondata una Scuola per l’apprendimento del disegno, in un’ottica fortemente debitrice delle concezioni accademiche.
In questa scuola, affidata dal 1880 alla Società per l’incoraggiamento allo studio del disegno, compì i primi studi il giovane Camillo, destinato poi a seguire l’iter di perfezionamento presso l’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino. Qui ebbe come principali insegnanti Andrea Gastaldi e il conterraneo Pier Celestino Gilardi. Una volta terminati gli studi all’Accademia iniziò a proporre le sue opere nelle principali esposizioni nazionali ed europee: dopo l’esordio alla Promotrice di Torino nel 1891, spedì i suoi quadri a Milano, Firenze e Roma, passando poi per Brema, nel 1900 alla XXXII Mostra della Kunsthalle, e ancora Monaco, Londra, Lione e Barcellona. Quest’ampia attività è certamente il riflesso della fortuna incontrata dalla pittura di Verno, indirizzata principalmente alla rappresentazione dei paesaggi alpini: come In Valsesia, del 1896, Verso sera, pittoresca ripresa di Rusa di Campertogno del 1898 o Ultimi tepori, acquistata dalla Galleria d’Arte moderna di Torino alla Promotrice del 1908. Anche i soggetti di genere, essi pure di ambientazione alpina, Figlie dell’Alpe, Madre saggia, Raccoglimento, quest’ultimo del 1894, o i più tradizionali soggetti storici, come La morte di Ugolino del ‘98 contribuirono alla fortuna dell’artista. Il suo successo venne ulteriormente confermato da prestigiosi acquirenti, quali i sovrani d’Italia e del Siam e la Duchessa di Genova, e da titoli onorifici all’interno delle Accademie di Torino e Napoli. All’interno di questi due poli della produzione verniana, i cui confini oggi ci sfuggono ma che dovette essere certamente assai ampia, si può collocare la piccola tela in Raccolta Assicoop Modena – Unipol. Al centro del dipinto, in quello che appare come l’esterno di un edificio privato, sono rappresentate due donne in un elaborato costume tradizionale, una delle quali intenta a suonare la chitarra. La scena, apparentemente di festa, viene chiarita da una vecchia scritta sul retro che tramanda il titolo originale: La sagra dell’uva a Chambave-Courmayeur, e ci riporta in quel contesto alpino piemontese caro al pittore. Dal punto di vista stilistico la tela richiama i modi del Gilardi nella pennellata larga e può essere datata all’inizio del XX secolo.
Lo stretto legame con le valli piemontesi non si esaurisce con la produzione da cavalletto, di cui resta testimonianza nelle collezioni pubbliche: All’abbeveratoio del 1902 e Aspro sentiero del ‘13 (Torino, Galleria d’arte moderna e contemporanea), ma anche Paesaggio autunnale e Paesaggio alpestre (Vercelli, Fondazione Museo Francesco Borgogna), e diversi ritratti nel Museo civico di Varallo. Restano soprattutto ampie tracce della produzione per le piccole chiese della Valsesia: a Campertogno Verno affresca la facciata di S. Giacomo Maggiore, rifatta nel 1899, e realizza due tele rispettivamente per l’Oratorio di S. Pietro in Vincoli nella frazione di Rusa, dove risiedeva, e per la Cappella del Basalei, edificata nel 1908. Interventi di pittura muraria sono documentati anche nella cappella della Famiglia Allegra nel Cimitero di Rassa, nelle chiese di Carpignano Sesia, Civiasco e Valduggia Valpiana. L’artista fu spesso coinvolto anche per la decorazione di interni, e così, dopo essere diventato socio vitalizio della Società varallese, Verno eseguì nel 1900 le Allegorie di Ars e Labor per il teatro dell’Unione alagnese a Pedelegno (VC). Una svolta importante avviene nel 1908 quando, durante un soggiorno a L’Arbresle (Rhône) per imprecisati motivi professionali, Verno riceve la notizia della nomina a professore di Figura presso l’Istituto di Belle Arti di Modena. In questa città la sua carriera pare avviarsi su binari diversi rispetto al passato. Si riducono infatti in maniera sensibile le partecipazioni a eventi espositivi, mentre appare forte il coinvolgimento nelle attività degli istituti culturali cittadini: nel 1913 entra nel consiglio direttivo del Museo Civico (Archivio del Museo Civico di Modena, Protocollo, 1913) e già nel 1920 risulta essere direttore dell’Istituto di Belle Arti (Archivio del Museo Civico di Modena, Protocollo, 1919). Dal 1908 al 1933 è presente nelle commissioni per i vari concorsi Poletti e nel 1922 appare tra i curatori della retrospettiva su Gaetano Bellei. Come pittore invece si contano solo tre partecipazioni a eventi cittadini: due volte in esposizioni in favore della Croce Verde, nel 1910 con gli olii Ora quieta e Frescura e poi nel 1930 con Paese montano, e alla I Mostra del Sindacato fascista degli Artisti, nel 1928. Diversi sono i ritratti, molti dei quali conservati in collezioni private, come l’Augusto Valli e la Contessina Filomena Pignatti, e di converso poche sono le opere ufficiali: il ritratto del presidente della Provincia di Modena Luigi Vaccari (Modena, Raccolta d’Arte della Provincia) e la pala con la Gloria di San Domenico, eretta nel ‘22 nella omonima chiesa; segno quest’ultima di un legame privilegiato con l’ordine, di cui resta testimonianza anche in un Autoritratto in veste di domenicano. Più sporadici si fanno i legami con la terra natale, che pur tuttavia non si interrompono del tutto: così nel 1913 è alla Promotrice, nel 1925 alla Biennale di Torino e nel 1928 diviene presidente della Società d’Incoraggiamento varallese. Al 1933 infine sono da datare i due dipinti con Allegorie della Patria e della Famiglia nel boccascena del Teatro di Campertogno, dove torna nel 1936 dopo il pensionamento. Qui muore l’11 giugno del 1942.

Riferimenti bibliografici: L’inaugurazione…1910; Mostra postuma…1922; Gli artisti modenesi…1925; Romerio 1926, p. 46; Debiaggi 1968, pp. 175-176; Mallè 1981, p. 312; Barbieri 1985, p. 232; Molino 1985, pp. 111, 233 e 249; Martinelli Braglia in Guandalini 1990, pp. 76-77; Roganti (scheda) in Raimondi – Zanfi 1999, pp. 163-164.

(Tomas Fiorini, 2008)