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Modena, 1859 – Maranello (Modena), 1944
[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]Figlio di uno scultore ornatista e nipote di un pittore, Eugenio Zampighi entra nel 1872 all’Accademia di Belle Arti di Modena dove frequenta i corsi di Adeodato Malatesta e Antonio Simonazzi.
Dal 1873 al 1878 fa parte della Società d’incoraggiamento per gli artisti. Nel 1880, oltre a concorrere sia al Premio Magnanini per la pittura con l’opera Ricchezza e povertà che al Premio governativo d’incoraggiamento con la copia di un Cristo di Guido Reni, vince il Premio Poletti per la pittura affrontando il previsto tema Un gladiatore Reziario ferito nell’anfiteatro Flavio di Roma (Modena, Museo Civico d’Arte). Tale premio gli consente di trascorrere tre anni a Roma e l’ultimo, dei quattro previsti, a Firenze (Modena, Archivio Storico del Comune, Pensionato Poletti, Atti di amministrazione, fasc. Eredità Poletti: 1880, b. 948; 1881, b. 968; 1884, b. 10).
A fine 1881 viene esposto a Modena il suo saggio del primo anno di pittura; si tratta dell’opera San Girolamo, copia da Giuseppe Ribera che fa nascere talune perplessità da parte della commissione Poletti. Analoghe perplessità si registrano nell’occasione successiva, quando espone nelle sale dell’Istituto di Belle Arti il dipinto Una scena araba (Modena, Museo Civico d’Arte), saggio realizzato il secondo anno, in cui emergono i richiami alla corrente orientalista di fine Ottocento e la vicinanza alla pittura antichizzante di Gérome.
Nel 1884 viene presentato il saggio del terzo anno, di genere storico, anch’esso attualmente al Museo Civico: Fabiola sviene alla notizia improvvisa della morte del padre. Lo stesso anno di conclusione del Pensionato, Zampighi trasferisce la propria residenza a Firenze, dove apre uno studio in Via Della Robbia. In quella città il pittore si sposerà e avrà due figli. Nel 1888 invia l’opera Scena orientale. Ore di caldo all’Esposizione di Bologna, ricevendo un giudizio sostanzialmente negativo.
Nonostante l’esito delle esposizioni “ufficiali”, i dipinti di Zampighi riscuotono un crescente successo di pubblico. Nel giro di poco tempo diviene pittore specialista nelle scene di genere a sfondo contadino. Decretando pure la sua vicinanza verso quel mondo rurale dal quale in parte proviene, Zampighi si afferma come il cantore delle scene domestiche, allegre, rustiche e pacificamente famigliari: composizioni aneddotiche che si inseriscono nel filone percorso anche da Gaetano Chierici e Gaetano Bellei. Tali opere vengono replicate in varie versioni su richiesta di collezionisti, mercanti e committenti anche stranieri (per l’incremento delle commissioni giunte in particolare dall’estero, spesso le sue tele, precedentemente concordate, sono spedite in tubi chiusi ermeticamente). Ma sono soprattutto i turisti americani, inglesi e austriaci giunti a Firenze in quanto tappa obbligata del grand tour, ad essere desiderosi di portarsi a casa un’immagine folcloristica e ripulita della “gente d’Italia”. Tutto questo negli stessi anni in cui nei più forti paesi occidentali inizia a delinearsi una prima forma di società dei consumi che si nutre sempre più dell’immagine standardizzata. Si può ricordare in proposito che anche le figurine Liebig – quali macroesempio di immagini riprodotte tecnicamente – raffiguravano i bambini italiani in una serie dedicata alle tipologie di bambini del mondo, come dei simpatici “accattoni”.
Ma tornando a Zampighi, la conoscenza della pittura dei Macchiaioli, dai quali apprende la varietà delle gamme cromatiche, va riconosciuta come un elemento di riferimento per le sue scene di genere, caratterizzate altresì da una notevole perizia tecnica e compositiva. Il virtuosismo artistico che gli garantisce l’analitica descrizione dei particolari, deve essere visto insieme a quella ricercata pulizia di sentimenti che nelle sue opere ha la funzione di “compensare” gli elementi meno edificanti dei soggetti raffigurati: contadini coi vestiti sudici e rattoppati che vivono circondati da gatti e galline in case visibilmente malsane.
Altro importante aspetto tecnico nell’opera di Zampighi è quello che riguarda l’impiego della fotografia per immortalare (e poi copiare) nel suo studio un vasto numero di modelli e modelle di ogni età, da lui scelti e appositamente vestiti da contadini o da popolani. Fotografie dei suoi “attori” (in atteggiamenti studiati e affiancati talvolta da manichini) o dei suoi quadri, diventavano per Zampighi un utilissimo campionario di immagini da mostrare alla committenza affinché questa scegliesse insieme al pittore la composizione che più desidera, definendo soggetti, posa e ambientazione. Il prezzo finale dell’opera dipendeva naturalmente da tutto questo.
Probabilmente riferibili agli esordi sono le rare raffigurazione “dal vero” di cui rimane testimonianza: particolari di piedi e mani che dovettero servire a Zampighi come studio e analisi dei dettagli che i suoi ammiratori apprezzavano particolarmente.
Nonostante la residenza fiorentina, all’inizio del Novecento i suoi nuovi lavori sono citati anche nelle riviste locali “Il Panaro”, “il duca Borso” o i “Il marchese Colombi”. A Modena, Zampighi partecipa a esposizioni artistiche di beneficenza (1902) tra cui quella della Croce Verde (1910).
Con le caratteristiche che si sono dette, nelle collezioni Assicoop Modena – Unipol sono presenti le opere Bella bambina, Le ciliegie appena colte, Dalla Nonna, Giochi di bambini, L’ombrello. Tornato a Modena nel 1942 presso il figlio ingegnere Antonio, Zampighi muore a Maranello, dove la famiglia era sfollata per la guerra, il quarto giorno d’aprile del 1944.
Riferimenti bibliografici: L’ Esposizione triennale…1877; Società…1879; Convegno degli artisti…1880; Concorso…1880; Saggi dei pensionati…1881; Tosi Bellucci 1882; Pensionato…1883; Tosi Bellucci 1883; P. L., Scena…1883; Vico 1888; All’esposizione…1902; L’inaugurazione…1910; Celebrazioni venturiane…1957; I pittori italiani…1986; Morandi 2000; Martinelli Braglia – Rossi… 2004, pp. 38-39; Silingardi – Barbieri 2005, p.67; Dall’Olio – Piccinini 2007.
(Stefano Bulgarelli, 2008)