ZOBOLI AUGUSTO

Modena, 1894 – 1991

Nasce a Modena l’8 gennaio 1894. Rimasto ben presto orfano, lo zio lo avvia a una solida carriera in banca; nel 1913 Zoboli decide però di iscriversi all’Istituto di Belle Arti, frequentando l’istituto fino al 1919 con interruzioni negli anni scolastici 1915-16 e ’17-’18 (Modena, Archivio di Stato, Fondo Istituto d’Arte A.Venturi, b. 179, Ruolo degli alunni), probabilmente perchè chiamato al fronte. Dopo la guerra abbandona l’impiego in banca per l’insegnamento della Storia dell’arte al Liceo Muratori, e soprattutto per il desiderio di coltivare la nascente carriera artistica.
Prende parte così alle numerose esposizioni che si succedono in città: la prima quella dei reduci dal fronte (1919) e poi negli anni a venire le ricorrenti triennali d’arte. Particolarmente formative sono le esperienze del biennio 1919-20: l’amicizia con Mario Vellani Marchi lo introduce nel vivace ambiente lagunare e lo porta a sperimentare l’illustrazione umoristica; fanno seguito l’iscrizione al partito fascista, e il primo viaggio a Parigi. Di questo momento resta un’interessante testimonianza nella Raccolta Assicoop Modena Unipol, dove Palazzina dei Giardini, datato al 1919, denuncia una chiara adesione di stile a modelli post-impressionisti. Il mito della città transalpina e della pittura en plein air rivivono anche in un’altra opera della medesima raccolta, di datazione più incerta: Lungosenna parigino, con le bancarelle dei pittori e Notre-Dame in lontananza, denuncia un punto di osservazione tutt’altro che insolito e richiama nell’essenzialità figurativa i lavori di artisti come Utrillo. Un’iscrizione al verso ci conferma che la tela è stata eseguita nella capitale francese. I due decenni precedenti la seconda guerra mondiale sono per Zoboli particolarmente ricchi di eventi: già nel 1920 si aggiudica il premio Poletti per la pittura con l’allegoria Terra madre, dalle piatte eleganze liberty (Modena, Archivio Storico del Comune, Atti di Amministrazione, 1921, b. 953, Eredità Poletti), partecipa come caricaturista a diverse testate (“Il gatto bigio”, “La preda ringadora”, “Cavalli e non…” e “Carnevale”), mentre si esercita in diverse gare sportive e inizia a sperimentare la silografia. Ponte delle guglie, datata 1927, rappresenta un precoce esempio di impiego di questa ricerca espressiva, da qualche anno ritornata in auge. La tecnica utilizzata infatti è quella della silografia moderna, a bulino, sebbene Zoboli faccia diretto riferimento a modelli che passano per la tradizione nordica quattrocentesca. L’attività espositiva conta presenze sia in città, alle triennali e con la Famiglia degli artisti, sia fuori: a Torino nel ’25, a Brera l’anno seguente e poi alla Galleria Valle di Genova nel ’28. Questo vasto campo di azione gli impedisce di ottemperare all’obbligo di residenza a Roma, previsto dal pensionato Poletti, così nel ’22 il commissario prefettizzio lo dichiara decaduto dal beneficio. Nel ’25 ricompare nuovamente nella documentazione del pensionato quando, con parecchio ritardo, consegna la copia dell’Autoritratto del Velazquez (Modena, Museo Civico d’Arte), saggio di primo anno, che denota una buona padronanza tecnica seppur il volto appaia più duro dell’originale. Il motivo di questa riammissione è da legare probabilmente al dibattito che si svolge in quegli anni riguardo la pensione Poletti, largamente insufficiente a fronteggiare le spese di giovani artisti obbligati a risiedere nella capitale. Con notevole ritardo esegue anche i saggi mancanti per completare il ciclo di studi (Modena, Archivio Storico del Comune, Atti di Amministrazione, 1925, b. 1092, Eredità Poletti), dopodichè lo ritroviamo ancora nel 1928 all’interno della documentazione del premio Poletti, ma questa volta in qualità di membro della commissione giudicante (Modena, Archivio Storico del Comune, Atti di Amministrazione, 1928, b. 1206, Eredità Poletti). Negli anni trenta un maggior impegno politico lo porta a ricoprire la carica di segretario federale provinciale del partito fascista; nello stesso periodo riprende la direzione della rivista “Mutina” (dopo una prima esperienza in tal senso negli anni 1928-29), guidando contemporaneamente un altro periodico cittadino come “La settimana modenese”. All’interno della produzione di Zoboli è tra l’altro da segnalare un disegno a carattere progettuale di isolamento del Duomo modenese in un grande spazio di ispirazione razionalista, non datato ma collocabile intorno alla metà del decennio. Il 1936 è un altro anno cruciale: dapprima viene ammesso alla Biennale di Venezia con Il vecchio maestro, ma in ottobre, dopo l’improvvisa destituzione dall’incarico di partito, si convince ad abbandonare Modena e l’attività politica. Roma è la sua prima meta, dove trova impiego presso il Poligrafico dello Stato, poi dal ’39 si trasferisce definitivamente a Firenze. Nella città toscana si inserisce nel circuito intellettuale, diventa amico di Ardengo Soffici e ha modo di sperimentare nuove tecniche artistiche come l’affresco in piccolo formato e il mosaico. Con quest’ultima tecnica realizza un San Francesco a Terni e il San Pietro che riceve le chiavi nella Chiesa nuova di Empoli, città dove insegna alla Scuola degli Scolopi. Nel ’42 è nuovamente presente alla Biennale di Venezia con I carabinieri di Culqualbert, eseguito per soddisfare le richieste propagandistiche degli organizzatori. Dopo la guerra ricomincia ad esporre con cadenza annuale, rimanendo fedele alla pittura di figura, mentre a Firenze si distingue come membro di numerosi istituti culturali. Nel 1950-51 compie un altro viaggio in Francia, in particolare a Rouen e Parigi, di cui restano numerose gouaches, mentre il piccolo olio Case a Castelletto del Garda documenta le scelte formali del decennio successivo. Alla fine del 1966 torna per un biennio a Modena, dopo la perdita di molte sue opere a seguito dell’alluvione dell’Arno. Con gli anni settanta l’attività espositiva va via via calando e Modena lo vede esporre per l’ultima volta nel 1981 alla Galleria Nuova Mutina. Negli ultimi anni torna a stabilirsi a Modena, dove muore l’11 dicembre 1991.

Riferimenti bibliografici: Torriano1925, pp. 324-333; Branci 1928; Allegretti 1968; Lepore 1974; Fuoco 1993, p. 83; Bellei – Pecoraro 1996, pp. 43-46, 95-96, 101 e 106-107; Martinelli Braglia 1997, p. 130; Alberghi 1998, pp. 205-208 e 212-213; Corni in Fuoco 2003, pp. 67-70; Fiorini (scheda) in Rivi 2007, p. 75.

(Tomas Fiorini, 2008)