storie di Modena

Vicende e protagonisti dell'arte tra '800 e '900

Luciano Rivi

Quando Francesco IV d’Austria d’Este viene posto a capo del Ducato Estense, dopo la parentesi napoleonica, la locale Accademia Atestina di Belle Arti è attiva ormai da trent’anni. E’ intorno a tale istituzione che in età di Restaurazione si organizza l’attività artista cittadina e del Ducato. Tra gli artisti modenesi più attivi, a fianco del direttore Giuseppe Pisani, fuori e dentro l’Accademia, sono Geminiano Vincenzi, Giuseppe Fantaguzzi, Biagio Magnanini, Giovanni Susani. Alla morte di Pisani, nel 1839, quando sono già al lavoro tra gli altri i pittori Luigi Manzini, Bernardino Rossi, Carlo Zatti, viene nominato nuovo direttore dell’Accademia Adeodato Malatesta.

Il giovane pittore aveva avuto modo di studiare a Venezia, Roma e Firenze, confrontandosi con le più aggiornate proposte del momento. Tornando a Modena si farà portavoce di un modello purista, in adesione alle richieste romantiche di una pittura intesa quale misurata espressione del sentimento.
Malatesta rimarrà a capo dell’Accademia modenese e al centro delle esperienze artistiche cittadine per diversi decenni, ben oltre l’Unità d’Italia. Anche grazie a lui si formeranno e cresceranno diversi giovani artisti, come Luigi Asioli, Antonio Simonazzi e Narciso Malatesa (figlio quest’ultimo di Adeodato). In ambito scultoreo opereranno tra gli altri Luigi Mainoni, Giuseppe Obici, Alessandro Cavazza; più tardi, saranno attivi Giuseppe Gibellini e Silvestro Barberini (quest’ultimo attivo anche pittoricamente).
Con l’Unità d’Italia anche Modena è chiamata a rivedere l’organizzazione del sistema artistico locale e a confrontarsi con nuove esigenze culturali. Nella città emiliana l’attenzione per un rinnovato sentimento del vero si esprime compiutamente negli anni Settanta, in particolare nell’opera di Giovanni Muzzioli; vincitore del Premio Poletti, questi avrà ben presto modo di trasferirsi a Firenze, dove diventerà amico dei più importanti esponenti della pittura di macchia e del Naturalismo toscano.

In vario modo, con diversi esiti, partecipano della stessa stagione di rinnovamento artistico i pittori Gaetano Bellei, Raimondo Muratori e, all’interno della ricca scuola di Carpi, Albano Lugli. Nel genere specifico del paesaggio opera Filippo Reggiani.

Negli anni successivi diversi artisti saranno chiamati a rispondere alle richieste sempre più pressanti del mercato: Eugenio Zampighi si specializzerà così nella rappresentazione di interni rurali con gioiosi bambini, sul modello imposto in Italia dal reggiano Gaetano Chierici; Vittorio Reggianini insisterà invece su scene galanti di ambientazione settecentesca. A Queste date Modena non può più rispondere in modo esauriente all’offerta dei suoi artisti, che dovranno dunque spostarsi in città più promettenti dal punto di vista della domanda e della committenza: è il caso di Federico Schianchi, trasferitosi a Roma, che della città eterna riprodurrà vedute e monumenti; e di Giuseppe Miti Zanetti, traferitosi a Venezia, abile pittore e incisore di calli e canali della città lagunare.
Gli ultimi anni del secolo chiamano gli artisti ad un profondo rinnovamento: la stagione del vero di ascendenza positivista si trova a fare i conti con una diversa visione della natura e dell’uomo, alla luce delle nuove posizioni idealiste e irrazionaliste di fine secolo. Il fiorire di riviste d’arte dà il via a una ricca scuola di disegnatori e caricaturisti; tra questi sono Giovanni Reggianini, Casimiro Jodi, Ettore Giovannini, Mario Vellani Marchi.

 

La tradizionale propensione locale per il vero si misura ora con nuove modalità di stesura del colore, con suggestioni poi di carattere divisionista nel pittore africanista Augusto Valli. Le maggiori novità giungeranno soprattutto da Giuseppe Graziosi, scultore, pittore e incisore, pronto a recepire le suggestioni di un viaggio parigino ad inizio secolo e gli stimoli della vivace cultura fiorentina nella quale si troverà ad operare. Proprio Graziosi rappresenterà un riferimento per l’arte modenese nel corso dei successivi decenni, lungo quasi tutta la prima metà del Novecento.

Negli anni tra le due guerre il modello postimpressionista viene variamente declinato. Significativa in questo senso l’opera raffigurante la Palazzina dei Giardini (1919) di Augusto Zoboli, protagonista della cultura locale. Figura ugualmente significativa della cultura artistica locale è quella di Giovanni Forghieri; partito dal modello di Graziosi, questi arriverà ad elaborare, anche grazie all’esperienza di restauratore presso la Galleria Estense, una pittura sapiente, con una raffinata tavolozza. Anche Mario Vellani Marchi, dopo avere guardato alla pittura di Graziosi, orienta poi diversamente la propria ricerca, anche in seguito alla frequentazione dei pittori della Scuola di Burano. Tra i diversi artisti attivi in questo periodo sono Arcangelo Salvarani, Leo Masinelli e Casimiro Jodi. Tra i modenesi che, lasciata Modena per più aggiornati centri culturali, entreranno a fare parte dei nuovi movimenti internazionali d’avanguardia sono Enrico Prampolini e Mauro Reggiani: il primo sarà tra i protagonisti del Futurismo, mentre il secondo approderà ben presto all’Astrattismo.

 

Con la fine della seconda guerra mondiale si apre anche per Modena una nuova stagione politica e culturale. Le vivaci e variegate esperienze degli anni Trenta e Quaranta sono chiamate a confrontarsi con le richieste di rinnovamento che giungono dalla società civile. Sono attivi negli anni Cinquanta e Sessanta Ubaldo Magnavacca, incisore e pittore, Bruno Semprebon, Tino Pelloni. Dopo le esperienze aeopittoriche, Mario Molinari, nel secondo dopoguerra, svolge un’intensa attività di illustratore e caricaturista.

Tra le esperienze più stimolanti in direzione di un continuo sperimentalismo pittorico, in particolare nella tecnica del monotipo, è da considerare quella di Pompeo Vecchiati, insegnante presso il locale Istituto d’Arte “Venturi”. Tra gli artisti più attivi negli anni Sessanta per un aggiornamento dei linguaggi pittorici sono Nereo Annovi, Claudio Spattini, Mario Venturelli. In quegli stessi anni, in direzione di una pittura attenta a soggetti e istanze di ordine sociale e politico, opera Gino Covili. Verso una sperimentazione di nuove forme e materiali si muoveranno poi Gianni Valbonesi, Lucio Riva, Davide Scarabelli.
Gli anni Settanta esprimono anche a Modena una diversa urgenza di ripensamento dei codici linguistici. Si muovono in tale direzione Franco Vaccari, Giuliano Della Casa, Carlo Cremaschi, Franco Guerzoni. Seguirà per loro come per altri artisti una stagione di ritorno alla figurazione e alla pittura, come testimonia anche il lavoro di Wainer Vaccari.

l’arte a Modena nell’ottocento attraverso le testimonianze della società d’incoraggiamento per gli artisti: appunti per una ricerca

Gianfranco Ferlisi

Nel corso dell’Ottocento il collezionismo artistico era diventato, in Italia, un’attività che cominciava ad interessare una fascia di pubblico sempre più vasta. La nuova borghesia emergente, insieme alla vecchia nobiltà, entrambi soggetti ricchi di capitali e di protagonismo nell’ambito dei commerci, dell’agricoltura e dell’imprenditoria, si lasciava affascinare da questa nuova forma di autolegittimazione sociale o, più spesso, di investimento economico: il richiamo, in non pochi casi, era anche la valenza di status symbol che derivava dall’acquisto, dal possesso e dall’ostentazione degli oggetti d’arte.